PROIBITO PROIBIRE (Le Parole del ’68) di Letizia Gariglio
Proibito proibire di Letizia Gariglio
Proibito proibire, anzi: «il est interdite d’interdire» è un aforisma lanciato da Jean Yanne sulle onde radio di RTL: divenne uno slogan del ’68.
Era il 1968 quando Caetano Veloso si trovava a Parigi, lesse sui muri della città: interdit d’interdire.
Erano parole ribelli, che esprimevano un sentimento che il musicista riconosceva come proprio, parole che avrebbe voluto urlare all’odioso regime cui il suo paese era sottoposto.
Il 1° di aprile del ’64 i Brasiliani si erano beccati un pesce dai denti di caimano, nella notte: il golpe. Il Presidente Goulart non ebbe alcuna reazione, fu deposto e fuggì in Uruguay. Così ebbe inizio il regime di Castelo Branco che divenne Presidente della nuova dittatura militare. Nel 1968 le proteste del movimento studentesco brasiliano contro il regime dittatoriale si intensificarono. Anche i musicisti Gilberto Gil e Caetano Veloso furono arrestati, a causa della loro collocazione politica, e poi vennero rilasciati in cambio di un esilio volontario. Dovettero attendere ventun anni che la dittatura finisse. Insieme a Gil e a Chico Buarque, Veloso incise a Londra numerosi dischi che esprimevano la sua grande nostalgia nei confronti del suo Paese e nello stesso tempo la disapprovazione per la dittatura.
Proibido proibir è il titolo della canzone che Veloso portò provocatoriamente al Festival Internazionale da Canção nel 1968, altrettanto provocatoriamente si presentò sul palco vestito di plastica fosforescente; il testo della sua canzone era un eccentrico manifesto contro i totalitarismi, ma la musica era quanto di più provocatorio e sperimentale si potesse udire in quel tempo e in quel luogo: pazzesche chitarre elettriche distorte, cacofonie, rumori mescolati ai suoni sconcertarono la giuria e ancor più il pubblico. Insomma, quando Caetano Veloso si ripresentò sul palco per la seconda selezione lui e gli altri musicisti furono sovrastati da fischi, insulti… e lanci di oggetti imprecisati. Caetano smise di cantare e pronunciò un discorso rimasto nella storia della musica ma anche della cultura brasiliana. Si rivolse ai giovani e li strapazzò per bene. Poi riprese a cantare stonando volutamente. Uscì di scena. Pochi giorni dopo fu pubblicato il singolo di Proibido proibir. Non divenne mai un grande successo. Ancora oggi la canzone non fa parte di nessun album. Tuttavia contribuì validamente ad alimentare il “tropicalismo”: quel movimento culturale e musicale che in Brasile, attorno al ’68, si opponeva apertamente alla dittatura militare. Qual era la novità fondamentale del tropicalismo? A mio parere fu la caratterizzazione di collettivismo che il gruppo di artisti che lo alimentava riuscì a prendere. Musicisti, attori, poeti, cantautori, artisti che vi facevano parte non agivano e non creavano singolarmente, ma formarono un collettivo di scambio creativo che espresse con forza una spinta libertaria, riuscendo a dare un’impronta di reale cambiamento e rinnovamento nella scelta dei canoni artistici, poetici, musicali.