LA VOCE IMPAZIENTE. VIAGGIO NELLA POESIA (31, 32) di Grazia Valente
31. Il falso poeta
Esiste una falsa credenza, riferita al poeta e alla poesia, vale a dire che la poesia sia “bella” quando riflette i buoni sentimenti. E questo lo pensa il falso poeta, vale a dire chi ritiene che la poesia sia essenzialmente questione di albe e tramonti, gli stucchevoli scenari ai quali ci ha purtroppo abituati tanta brutta poesia. Quei poeti che Pound, sferzante, definisce “bavosi imbecilli” i quali considerano la poesia “sinonimo di linguaggio elevato e fiorito”.
Da poeta a poeta
Non ti beare soltanto
di un tramonto sul mare
alza una pietra
e scava
lì c’è la vita
da raccontare.
Non si tratta, evidentemente, di buttare via le albe e i tramonti, poveri innocenti, colpevoli soltanto di essere “belli”, ma di vitalizzarli, rendendoli partecipi e protagonisti della poesia e non ridotti a meri scenari per scadenti esibizioni.
La poesia non è, non può e non deve essere un belletto, ma un riflettore che a volte può apparire spietato, puntato sul nostro Io nascosto e che dovrebbe quindi aiutarci a scoprire il nostro vero volto e, insieme, il vero volto delle cose. E si ritorna nuovamente al discorso sulla verità della poesia, un ricorrente passaggio obbligato.
32. Il fracasso retorico
Meno si è poeti, meno si ama la poesia, più si è amanti di quello che Pound definisce “fracasso retorico”. Più si è superficiali, più si rumoreggia con i versi.
La poesia è una scavatrice
ma per tanti cosiddetti poeti
sembra essere soltanto
un tosaerba difettoso
che lascia l’erba da tagliare
sempre troppo alta
per la nostra pazienza.
Altro che scavare! Certo, anche il tosaerba ha una sua funzione, una propria utilità, una propria dignità. Ma se è difettoso, allora non svolge nemmeno quella funzione, ma la simula soltanto, e quindi produce soltanto un fastidioso rumore.
a certi poeti
Non me ne vogliate
ma di tante parole che ammucchiate
come cataste di legna da bruciare
non una
che mi scaldi il cuore.
E quanta legna troviamo in certe poesie! Cataste su cataste e il poeta, instancabile, ce ne propone di sempre nuove. Non sappiamo se questa legna sia invecchiata a sufficienza oppure se si tratti di legna giovane, ancora verde. Un fatto però è certo: non brucia! Nasce allora il sospetto che manchi il fiammifero, la scintilla poetica.
Inevitabilmente, il discorso ritorna alla natura della poesia, alla potenza del suo significato. “Essa [la poesia] non cercherà di apparire possente per mezzo di fracasso retorico, o in un’orgia di sfarzo. Meno aggettivi coloriti che attutiscono la scossa, l’urto poetico …” (Pound).
E Schopenhauer: “come in architettura bisogna evitare un ornato sovraccarico, così nelle arti del linguaggio bisogna evitare ogni ornamento retorico non necessario, tutte le amplificazioni superflue e, in generale, ogni sovrabbondanza nell’espressione …”.
Poeti!
saltate in groppa ai vostri
destrieri
con la schiuma rimata nella bocca
… ma si sente soltanto
il rumore degli zoccoli
Sì, su questo argomento nessuna indulgenza.