“PASSARE AL BOSCO”, OGGI? Recensione anacronistica di Letizia Gariglio

Jünger insegnava a “passare al bosco”, settantaquattro anni fa.

Ernst Jünger è uno scrittore tedesco nato nel 1895 e morto nel 1998; è una figura molto complessa di scrittore e di pensatore  che ha profetizzato nelle sue opere una sorta di catastrofe epocale in grado di coinvolgere l’intero pianeta, ma soprattutto la società umana. Nella sua opera, il Trattato del ribelle, indica come salvarsi da questa catastrofe: è possibile farlo solo individualmente, per mezzo di una fuga, una fuga soprattutto dentro di sé, quindi verso l’interiorizzazione.

La libertà, ritiene l’autore, è un dovere spirituale e viene acquisita solo attraverso un’esistenza volutamente consapevole  e ribelle. Nella sua opera dunque esplora il concetto di ribellione. Jünger utilizza il termine “ribelle” (ma si vedrà che questa è una traduzione in italiano di un concetto che nella lingua tedesca è un po’ diverso) per descrivere una figura che si oppone alle convenzioni sociali e alle autorità oppressive, cercando di affermare la propria individualità e libertà.

Jünger scrive il suo Trattato del ribelle nel 1951 in un momento in cui l’Europa è da poco uscita dall’inferno della seconda guerra mondiale e la società dei consumi sta prendendo piede e si sta espandendo: è il momento del boom economico. 

Il libro è diviso in diverse sezioni, in cui Jünger analizza la condizione dell’uomo moderno, le sfide della società a lui contemporanea e il ruolo del ribelle in questo contesto. La figura del ribelle è vista come un simbolo di resistenza e autenticità, è un uomo capace di affrontare le difficoltà e le ingiustizie del mondo. Jünger discute anche il concetto di “anarchia” in senso positivo, come una forma di libertà che permette all’individuo di esprimere se stesso al di fuori delle strutture oppressive.
In italiano è stata tradotta come ribelle la parola tedesca Waldgang che significa letteralmente “colui che passa al bosco”. L’origine di questo termine proviene dall’Islanda medievale; il Waldgang si dava alla macchia, era un fuorilegge, un proscritto, una sorta di Robin Hood, e naturalmente si ritirava in luoghi impervi e inaccessibili come le foreste.

«Il proscritto», scrive Jünger, «ai tempi dei nostri antenati, era avvezzo a pensare con la propria testa, a condurre una vita dura, ad agire in piena autonomia. È probabile che in seguito si sia sentito abbastanza forte da accettare anche la messa al bando, e da solo è diventato guerriero, medico, giudice, e perfino sacerdote. Oggi non è più così. Le persone sono talmente adagiate nell’alveo delle strutture collettive da non essere più capaci di difendersi».

Nella concezione del nostro autore  il bosco diventa così il luogo ideale per il mutamento interiore di chi vuole essere ribelle, di chi si dirige volontariamente come un soggetto attivo verso il bosco, animato da una spinta interiore molto forte alla ribellione. Il bosco è un simbolo, rappresenta la naturalità della realtà, ed è nello stesso tempo un luogo senza tempo, dove è possibile rifugiarsi per trarre ispirazione dalla natura; spiega poi che il ribelle si rifugia nel bosco quando lo ritenga necessario e non per fuggire ma per continuare la sua lotta interiore: è un uomo nel mondo, ma non del mondo.

Nel suo libro comincia fin dalle prime pagine con il contestare in modo molto aspro la prassi elettorale: ritiene che sia il potere a imporre «la legge agli elettori, e non viceversa». Chi ha il potere costringe l’elettore ad accettare un dovere che giova unicamente al potere stesso e con l’atto del voto l’individuo lo legittima: dire no a questo dovere è l’unica possibilità del singolo che ricerchi la propria libertà e che voglia esprimere il proprio coraggio contro l’assuefazione abituale della moltitudine. Questo atto è un atto di resistenza al potere; si potrebbe dire che l’atto di negazione al voto sia il primo gesto di ribellione. 

L’autore inoltra riflette sulla natura della guerra, della tecnologia e della cultura, evidenziando come questi elementi influenzino la vita dell’individuo e la sua capacità di ribellarsi.

Dice: «L’uomo tende a rimettersi agli apparati e a far loro posto anche quando dovrebbe attingere alle proprie intime risorse. Dà prova in tal modo di mancanza di immaginazione. Eppure dovrebbe conoscere i punti in cui non è lecito mercanteggiare la propria sovrana libertà di decisione. Fintantoché regna l’ordine, l’acqua scorre nelle tubature e la corrente arriva alle prese. Non appena la vita e la proprietà sono in pericolo, come d’incanto un allarme chiama i vigili del fuoco e la polizia. Ma il grande rischio è che l’uomo confidi troppo in questi aiuti e si senta perduto se essi vengono a mancare. Ogni comodità ha il suo prezzo. La condizione dell’animale domestico si porta dietro quella della bestia da macello». La logica conseguenza di questa prospettiva è che nel momento in cui maggiormente si addensano le minacce, quando gli apparati non solo abbandonano l’essere umano ma sembrano lavorare contro di lui,  precludendogli vie di scampo, allora in quel momento è necessario che l’uomo, anziché darsi per vinto, decida di continuare la lotta, o di cominciare la lotta, attingendo alle sue risorse personali più profonde. In quel momento egli forse deciderà di passare al bosco.

Vi sono in questo libro dei passaggi che risultano incredibilmente attuali. Per esempio, quando in una sezione del libro si parla della paura, definendola una dei sintomi del nostro tempo: nonostante siano passati più di settant’anni dal momento in cui quest’opera è stata scritta, questo capitolo sembra applicarsi a pennello all’oggi. Il fenomeno della paura è strettamente collegato, a parere dell’autore, con il rapporto derivato dai progressi della tecnica e della tecnologia:«Pur di ottenere agevolazioni tecniche l’uomo è infatti disposto a limitare il proprio potere di decisione. Conquisterà così ogni sorta di vantaggi che sarà costretto a pagare con una perdita di libertà sempre maggiore», dice. 

Ciò che esprime nel paragrafo riguardante la salute sembra un vero e proprio vaticinio della nostra situazione attuale. Scrive: «Tutte quelle fabbriche della salute con medici assunti e mal retribuiti, le cui cure vengono assoggettate al controllo burocratico, sono sospette: da un giorno all’altro-e non soltanto in caso di guerra-potrebbero assumere un volto inquietante». Un volto inquietante…

Parlando dell’umanità, mentre adombra uno dei grandi pericoli, vale a dire quello della sovrappopolazione, e lascia intravedere la necessità, da parte del potere, di arginare il fenomeno dell’eccedenza di «quelle stesse masse cui ha permesso di esistere», scrive:  «L’equipaggio vaccinato e rivaccinato, depurato dei microbi, aduso alle medicine e di età media assai avanzata ha minori possibilità di sopravvivere di un’equipaggio che nulla sa di tutto questo». Una domanda non viene formulata, ma il lettore sente che aleggia fra le righe: quell’equipaggio  “vaccinato e rivaccinato” è stato predisposto per la partenza?

Una delle parti più interessanti è quella che riguarda la lingua. La lingua viene definita da Jünger come parte della proprietà, della natura, ma anche «dell’eredità, della patria dell’uomo alla quale  è toccata in sorte senza che egli ne conosca la pienezza e la ricchezza».  La paragona alla luce: come la luce rende visibile il mondo e la sua immagine, così la lingua rende il mondo comprensibile, è la chiave indispensabile per scoprirne tesori e misteri. Secondo Jünger la parola è materia dello spirito e dunque è idonea a edificare i ponti più arditi; tuttavia essa è anche lo strumento più importante del potere e di chi lo esercita. Tuttavia: «Perfino in epoche in cui la lingua è decaduta a semplice strumento di tecnici e burocrati, perfino quando per simulare una qualche freschezza prende a prestito le forme del gergo, la lingua rimane indefettibile nel suo immoto potere. Il grigio, la polvere, coprono solo la superficie. Chi scava più a fondo, in ogni deserto, tocca lo strato da cui sgorga la fonte. E con l’acqua che zampilla riaffiora nuova fecondità».

Il “difficile” libro si chiude proprio con queste parole.

Potrebbero interessarti anche...