LA VOCE IMPAZIENTE (21, 22, 23, 24) di Grazia Valente
21. La poesia come allontanamento del pensiero della morte
In alcuni momenti, la poesia può diventare un modo per evadere dalla realtà e dimenticare così le asprezze e le fatiche del vivere.
Saltando siepi di distici e quartine
l’irrequieto cavallo del poeta
dimentica l’odore della polvere
La vita è qui considerata come una vera e propria corsa a ostacoli, dove il traguardo, se esiste un traguardo, non è immediatamente visibile. Ma
soprattutto il poeta cerca di allontanare da sé il pensiero della morte (l’ “odore della polvere”) che sempre lo accompagna. E, quando si scrive, il tempo – come si dice – smette di esistere. Ci si sente eterni, poiché ci culla e ci consola il pensiero di una presunta immortalità che deriva dall’affidare qualcosa di interno a noi, che ci appartiene, a qualcosa di esterno a noi, come la letteratura (usiamo ovviamente la “l” minuscola), che si presume vivrà oltre la nostra morte. Un’urna di carta stampata …Questo non ha direttamente a che vedere con il concetto di successo, di fama, ecc. E’ un puro e semplice “affidare ai posteri”. Ne parleremo ancora più avanti, quando faremo riferimento ai versi come testimoni.
Non so se sarò pronta
quando il giorno verrà
ad abbracciare la bianca
schiena della luna
e scivolare a piedi
nudi tra le stelle
oggi mi sento eterna
con la penna che
scricchiola sul foglio
22. Il desiderio di immortalità
E il desiderio di essere immortali, comune a tutti i mortali, per colui che crea (e scrivendo un poco creiamo) è un desiderio che si carica anche del desiderio della immortalità nel campo dell’arte. Poiché ciò che sta a cuore è soprattutto il desiderio che non vada disperso quello che, per il poeta, ma, ancora prima, per l’uomo che si fa poeta, conta più di ogni altra cosa: il suo messaggio (lo sappiamo, termine pressoché scomparso dal lessico attuale. Eppure, di questo si tratta).
La sensazione di colui che scrive è spesso quella di essere emarginato da una società che teme il poeta in quanto cantore del vero.
23. Il testamento del poeta
L’ipocrisia e la falsità sono alcuni dei cardini sui quali si è sempre retta la società. Se rompiamo questi equilibri, introducendo l’elemento verità nel corpo sociale, questo ci si rivolta contro.. Al poeta allora non rimane che consegnare le proprie convinzioni, le proprie idee, le proprie verità, alla poesia.
Vedrai, poeta
prima o poi
ti distruggeranno
come tutte le cose
vere della terra
e allora
in ogni tuo verso
lascia un frammento
del tuo testamento
In questo modo l’uomo abdica e lascia a regnare il poeta. La poesia diviene allora un lascito per le generazioni future. O così si spera.
24. I versi come testimoni
Dal momenti che i versi hanno scandito eventi e emozioni del vissuto di ciascuno, soltanto a loro viene riconosciuto il ruolo di testimoni, come quelli che meglio ci rappresenteranno. Ed è soltanto in loro che noi ci riconosciamo.