NUOVI CANTIERI DI BAMBINI di Letizia Gariglio
La Legge italiana n. 40/2004 che riguardava le norme in materia di procreazione medicalmente assistita proibiva e puniva, con reclusione da tre mesi a due anni, e con una multa da 600.000 a un milione di euro, sia il commercio di gameti e embrioni, sia la surrogazione di maternità. Ora, nel 2024, il nostro Senato ha approvato in maniera definitiva il disegno di legge che definisce la maternità surrogata “reato universale”. Personalmente la legge riscuote tutta la mia approvazione, perché ritengo la pratica dell’utero in affitto una barbarie.
Da ora gli Italiani non avranno più modo, seguendo i principi espressi dalla legge, di ricorrere alla pratica dell’utero in affitto rivolgendosi all’estero a madri surrogate, perché la proibizione è divenuta “universale”.
Che cosa si intende per utero in affitto credo sia chiaro a tutti: coppie che ambiscono a divenire genitori perché in condizioni di sterilità (coppie formate da elementi dello stesso sesso, dunque biologicamente impossibilitate e generare, o di sesso complementare, ma sterili) talvolta acquistano ovuli, o spermatozoi, o entrambi, praticano la fecondazione in vitro, cui fanno seguire la l’impianto in un utero femminile (vero) appartenente a una donna (reale), che presta il proprio corpo alla pratica. Usare il verbo prestare è un’eufemia, perché nella quasi totalità dei casi la madre surrogante, portatrice in utero della gravidanza, si presta perché ha prima firmato un contratto che stabilisce il suo prezzo per il servizio, il prezzo complessivo delle spese (per gravidanza, parto), il prezzo del nascituro, che viene pertanto venduto. Solitamente se, durante la gravidanza, il feto risulta in qualche nodo fallato, non conforme alle condizioni di normalità espresse dalle aspettative dei committenti (vale a dire i compratori del futuro nascituro), clienti della transazione commerciale, esso viene eliminato senza ulteriori ripensamenti.
Se la nascita è regolare, la madre surrogata deve abbandonare la creatura che ha portato in seno e deve consegnarlo al momento della nascita stessa agli utenti che l’hanno prezzolata e che nel contempo pagano per la merce ottenuta, cioè il bambino.
La mercificazione eugenetica di gameti maschili e femminili qui, con l’atto della consegna dell’essere umano (in questo caso equiparato a cosa, a oggetto di mercificazione, si conclude). Di tutta la parte legata alla salute del neonato e della madre, fisica e psicologica, di tutta la parte legata alle emozioni, ai sentimenti, alla stretta relazione tra la donna che ha portato una gravidanza e dell’oggetto… scusate, della creatura da lei prodotta… non frega niente a nessuno: la transazione finisce qui.
La donna, che è diventata gestante per necessità di denaro, ha terminato la sua funzione commerciale. Il cucciolo, a differenza di qualsiasi cucciolo animale, viene letteralmente strappato dalle braccia della madre: quando invece si tratta di cani e gatti o di altri cuccioli domestici, si ha la pazienza di attendere che siano svezzati.
La pratica abominevole, è spesso etichettata dalla neolingua sotto la dizione di “maternità surrogata” o “gestazione per altri” in modo da rendere più neutrale a accettabile la pratica di fabbricazione del bambino, per il fatto che le espressioni edulcorate non richiamano immediatamente alla mente l’aspetto degli interessi economici e commerciali che comporta, né rivelano esplicitamente l’aspetto di schiavizzazione e di sfruttamento del corpo della donna nel nostro millennio. Queste donne, infatti, non sono affatto animate da impulsi mistici sacrificali, sono invece spinte dalla povertà e dalla necessità di beni materiali.
Malgrado il lavoro di comunicazione che si è fatto attorno a questa pratica aberrante, per cercare di normalizzarla, non perde la sua ripugnanza: non è una accettabile scelta individuale e personale di donne che esercitano la loro libertà di arbitrio; è al contrario una forma di abnorme oppressione.
La pratica dell’utero in affitto adombra lo spettro di altre pratiche eugenetiche, tali da offrirci altri brividi di disgusto, come la scelta à la carte di ovuli ed embrioni, accuratamente selezionati. Si vogliono solo ovuli e spermatozoi di donne e uomini belli, altrimenti, come siamo del resto abituati dalle vendite on line, il pacco/bambino può essere respinto come un reso: un oggetto reso, una cosa respinta: la vita stessa è ridotta a semplice res.
Ma non preoccupiamoci più di tanto per l’utero in affitto: la scienza odierna sta già ponendo rimedio, vuole superare i limiti etici posti dall’utero in affitto, sperimentando profusamente e pare con successo il germogliare della vita prima concepita in provetta, o poi sviluppata in uteri interamente artificiali. Gli esperimenti avvengono nel mondo, ma forse vale la pena di ricordare che in Europa esiste una Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea (Gazzetta Ufficiale della Comunità Europea 18/12/2000) che sancisce nel III articolo il «divieto delle pratiche eugenetiche», il «divieto di fare del corpo umano e delle sue parti in quanto tali una fonte di lucro», il «divieto di clonazione riproduttiva degli esseri umani».
Il pensiero non può che andare ad Aldous Huxley e al suo romanzo Il mondo nuovo che fin dal I capitolo ci immette nei segreti del “Centro di incubazione e di condizionamento di Londra Centrale”, dove veniamo accompagnati in visita, attraverso la Sala di Fecondazione, poi fra gli Incubatori di Ovuli; possiamo leggere sui flaconi tutti i dati, la discendenza, la data di fecondazione; infine arriviamo alla Sala di Predestinazione Sociale. Ogni particolare viene descritto nel racconto: il funzionamento della circolazione sanguigna materna, ovviamente artificiale e via via quello di tutti i meccanismi cooperanti per arrivare al prodotto finito, il bambino. È fuori discussione che nella condizione artificiale descritta ogni atto naturale è inesistente: non si verifica atto sessuale, né gravidanza né parto naturali: grandi seccature per l’umanità! Siamo invece di fronte a una serie di procedure asettiche, innaturali, non-umane: la perfezione del processo di disumanizzazione e di reificazione dell’umanità che alcuni, nella realtà, sembrano desiderare.