AI NAUFRAGHI DELLA SCUOLA di Letizia Gariglio
Nel panorama generale di decadenza della scuola, di ogni genere e grado, si situa (anche) quella sorta di certificazione dei livelli di apprendimento acquisiti dagli allievi costituita dalle prove Invalsi, che dichiarano a gran voce la perdita di capacità, competenze, conoscenze a tutti i livelli scolastici. Nel panorama, tra l’altro, insiste una ulteriore lacerazione fra Nord e Sud della penisola, a sfavore del Sud, dove si sono aggiunte negli ultimi anni pesanti mancanze causate dalla didattica a distanza, favorite dalla scarsa digitalizzazione degli ambienti familiari. Del resto, i dati Invalsi non fanno che confermare la percezione di una realtà che è chiara agli insegnanti, e dovrebbe esserlo altrettanto ai genitori, anche a quelli che invece amano addossare le piene responsabilità dei problemi educativi alle istituzioni diverse dalla famiglia.
Il quadro educativo, formativo e didattico è allarmante e non occorrono prove docimologiche per confermarlo. Dal punto di vista scolastico i livelli di apprendimento sono allarmanti ed è macroscopicamente evidente che stiamo precipitando verso l’analfabetismo, non solo nell’ordine della cultura, ma anche in quello dell’istruzione.
È purtroppo dato di fatto l’incapacità degli studenti delle scuole superiori di formulare discorsi sensati, o anche brevi comunicazioni orali fondate su una sintassi accettabile, per non nominare la scarsa capacità di comunicare per scritto, o la penosa difficoltà di redigere semplici componimenti o argomentazioni autonome, cui si aggiunge l’ignoranza di semplici regole ortografiche e povertà lessicale.
Tutte le suddette carenze vanno di pari passo, essendo nello stesso tempo causa e conseguenza, con la rinuncia degli insegnanti a porsi obiettivi decenti, con la faciloneria dei diversi istituti nel concedere facili promozioni (poiché anche le scuole non sono più libere da logiche commerciali), con la riduzione qualitativa dei programmi, con la banalizzazione progressiva dell’iter scolastico.
Non si profilano all’orizzonte proposte di rimedi e anche la pedagogia è un’arte in discesa, in graduale contrazione; è genericamente negato il valore del merito, galleggia la mediocrità.
L’antiautoritarismo è passato dall’essere un valore per promuovere la specificità degli allievi, la loro personalità, la loro espressività, a essere una buona scusa per l’anti-culturalità. Peggio, è divenuta scusa per il dilagare della mollezza, della maleducazione, del senso di inutilità, derivati da eccessiva compiacenza del mondo adulto e dalla rinuncia a una vera scuola educante.
La burocrazia soffoca ogni iniziativa culturale dedicata agli studenti e imbriglia gli insegnanti in una gabbia di riunioni, di circolari, di inutili assemblee che non provano nemmeno ad assemblare.
Qua e là sopravvivono, bontà loro, alcuni insegnanti di valore, disperatamente aggrappati a un ideale di scuola come ad una zattera in mare aperto e tempestoso, ancora guidati dalla volontà di ben operare, di trasmettere strumenti, valori, conoscenze, saperi, capacità.
A loro vanno i miei auguri di BUON ANNO!