PAROLE. VARIAZIONI (14, 15, 16) di Grazia Valente
14. Parole ventose
Quanto sono importanti, le parole? Sappiamo come le parole possano comunicare ma anche ingannare, consolare ma anche distruggere. Le parole, come dice Nanni Moretti in un suo film, sono importanti. Eppure noi, infinite volte nell’arco della nostra vita le gettiamo al vento, le depotenziamo con leggerezza, con noncurante superficialità, le facciamo diventare inutili accessori del discorso, parole che potrebbero benissimo essere omesse, data la scarsa importanza che attribuiamo loro.
Ma esistono anche altre parole, che si disperdono nell’etere, parole che riceviamo dal nostro prossimo per indurci a fare una certa cosa, parole che vorrebbero consigliarci per il meglio, oppure parole che a nostra volta diciamo agli altri per cercare di smuovere una loro ostinata pervicacia nel fare una cosa che riteniamo sbagliata. Sono parole ventose, gridate al vento, dettate dalla saggezza derivante dall’esperienza. Sono le più invise, quelle che ci rendono irremovibili – se sono rivolte a noi – intestarditi nel nostro comportamento, nel perseguimento del nostro obiettivo. Queste parole le detestiamo perché vanno nella direzione opposta a quella che desideriamo. Ma il destino delle parole ventose non è necessariamente segnato, non sempre si disperdono. A volte ritornano richiamate dalla ragione, dalla realtà raziocinante che plasma gli eventi, anche contro la nostra volontà. E alla fine ci si sente dire – oppure siamo noi stessi a dirlo: avevi ragione, avrei dovuto fare quello che mi dicevi tu, avrei dovuto ascoltare le tue parole.
15. Parole imballate
Le parole che ascoltiamo, che diciamo, sono tutte parole aperte, libere, sciolte da legacci, esposte alla luce e all’aria? Noi riteniamo che queste parole libere esistano, ma sono molto rare. La maggior parte delle parole che pronunciamo o che ci accade di ascoltare sono parole che hanno ottenuto il nulla osta per circolare, parole innocue, parole del quieto vivere, del quieto pensare, parole in libertà vigilata. . Le parole vere del nostro libero pensiero restano imballate, chiuse dentro scatole di cartone o, nel peggiore dei casi, di robusto metallo. Le parole contenute in questi imballaggi sono invisibili, indicibili, tenute nascoste per paura, o per pudore, o per calcolo. Quando riusciamo ad aprire questi imballaggi, a forzare quelle serrature, le parole ci appaiono nella loro nudità, nella loro crudezza. Le parole della verità sono difficili da accettare e da pronunciare, le parole della verità si nascondono perché sanno che, una volta svelate, niente sarà più come prima, niente potrà più essere com’era quando se ne stavano ben nascoste. Le parole imballate possono essere la nostra salvezza e insieme la nostra rovina.
Dice Woody Allen: le cose che non sappiamo non ci feriscono. Ci uccidono.
16. Parole in vendita
La maggior parte delle parole che diciamo sono parole regalate, dette senza alcuna contropartita. Parole che per la maggior parte distribuiamo senza secondi fini, senza calcolo di alcun tipo. Nessuno ci retribuisce per queste parole, né noi ci aspettiamo alcun compenso. Esistono però le parole in vendita, quelle che vengono messe sul mercato, quelle che si ritiene abbiano potenziali acquirenti, quelle che vengono create e distribuite ad arte, con scopi i più diversi, che vanno dagli utili in denaro a quelli pubblicitari o di mera propaganda. Gli scrittori, ad esempio, vendono le loro parole assemblate in pensiero interessante a un ipotetico pubblico di lettori. Il giornalista – che un tempo era spregiativamente definito pennivendolo – vende il proprio talento di scrittore a giornali interessati a diffondere certe notizie presentate in modo convincente. Non è un reato e neppure un peccato vendere le parole, purché si sia consapevoli della responsabilità che ci si assume in questo compito. Le parole possono cambiare le teste delle persone. C’è di che sentirsi tramortiti.