IL PORTIERE CHE VOLLE FARSI SCRITTORE di Grazia Valente
C’era una volta il portiere di un grande albergo che avrebbe voluto diventare scrittore di romanzi. A tale proposito osservava attentamente i clienti che si avvicendavano alla Reception e annotava su piccoli quaderni quelli che riteneva più interessanti, clienti i quali, nella sua fantasia, diventavano protagonisti di vicende le più disparate.
L’albergo era un vero porto di mare, molto frequentato sia da clienti di passaggio che da ospiti abituali, quali ad esempio rappresentanti di commercio o partecipanti a eventi e convegni.
I quaderni si riempivano e aumentavano di numero, mentre il tempo passava e qualche filo bianco iniziava ad apparire tra i capelli del portiere.
Un giorno, però, il Destino decise di intervenire quando l’albergo ospitò un gruppo di editori, riuniti in occasione di un congresso. E una sera, a uno di questi editori un po’ brillo, il portiere parlò del suo romanzo e gli strappò un appuntamento.
Come avrete immaginato, il romanzo del portiere, che non era un vero romanzo poiché privo di trama, senza un inizio e senza un finale, dove i personaggi non mostravano alcun legame tra loro e le cui vicende, dietro suggerimento dell’editor, avvenivano tutte nell’arco di una notte, venne pubblicato, riscosse un grande successo di pubblico (la critica diffida per principio dei romanzi scritti da portieri, ma si adeguò), vinse numerosi premi e venne tradotto in diverse lingue. Qualcuno parlò perfino di un nuovo Joyce, non senza un leggero imbarazzo da parte del portiere. Il titolo del romanzo, scelto dall’editore, era: “Porto di mare” e questo titolo ispirò l’autore per un nuovo romanzo ambientato su di una nave da crociera che avrebbe fatto il giro del mondo. Aveva già in mente il titolo: “Porto di mare 2.” Il portiere decise quindi di licenziarsi e intraprese il suo viaggio con una adeguata provvista di piccoli quaderni.
Il finale di questo racconto appartiene al disegno imperscrutabile del Destino.