A PROPOSITO DI THOMAS BERNHARD. VIAGGIO NEL LABIRINTO DELLA SCRITTURA di Grazia Valente
2. Inferno
“Il mondo è repellente, inesorabile, micidiale”
Sempre alla ricerca di T.B. ci siamo inoltrati nei luoghi della sua infanzia che, come succede spesso quando ci si identifica profondamente con qualcosa o con qualcuno, ci sembra di conoscere da tempo. Siamo sicuri, come ci è accaduto altre volte, che lui ci stia guardando, se non addirittura accompagnando per le strade della sua cittadina. L’aria è primaverile e invita alle scampagnate. Ed ecco apparirci una bicicletta un po’ antiquata (del resto, si tratta di una bicicletta militare, fabbricata nel 1934) con la quale il piccolo Thomas di anni otto si sta avventurando verso mete che lui solo conosce. Mentre osserviamo incuriositi la bicicletta (una, Steyr-Waffenrad) e lo sforzo che fa il piccolo Thomas per stare in equilibrio, ci pare di avvertire un delizioso profumo di frittura che non è altro che il profumo delle cotolette impanate da lui tanto bramate e che lo aspettano, nella sua sfrenata fantasia, al termine del viaggio, quando raggiungeremo insieme a lui la casa di una zia particolarmente premurosa ma di cui non conosce l’indirizzo. Adesso la scena cambia, ci troviamo in una locanda nella quale ci sembra di avvertire odore di fumo e di birra. C’è molta allegria, un’orchestrina suona musiche che il piccolo Thomas dice di conoscere bene, mentre si balla sul palco. Lui è inzuppato fradicio dopo la caduta dalla bicicletta ma c’è chi lo assiste amorevolmente. Nascosti in un angolo della locanda, così come sappiamo che T.B ama appostarsi per meglio osservare le persone, ci sembra di sentire il suo cuore battere forte nel timore dei rimproveri materni per la fuga in bicicletta. Ascoltiamo anche lo scorrere dei suoi pensieri, il ricordo lucido delle parole dell’amato nonno: il mondo è repellente, inesorabile, micidiale. La nostra impressione adesso è che T.B. si stia dimenticando di avere otto anni , adesso ragiona da adulto disincantato, che ripassa mentalmente le sue ferite e quasi si compiace della propria cattiveria. Sa di essere stato un bambino terribile, una vera iattura per la madre e per tutta la famiglia: Ricordo che nella noia pomeridiana mi è capitato molto spesso di posare sui binari dei sassi certamente troppo piccoli per le gigantesche locomotive che a me e ai miei compagni di scuola, piccoli anarchici di sei, sette, otto anni sarebbe piaciuto veder precipitare nel baratro. Entrare nella testa di T.B. non è mai una passeggiata campestre, piuttosto una sequenza di scene apocalittiche che lui si compiace di raffigurare in parossistica successione, mescolandole alle parole sovversive del nonno: gli anarchici sono il sale della terra. Noi vorremmo tanto averlo conosciuto, il nonno di T.B., filosofo e scrittore, che gli illustrava tutti i modi possibili per far saltare in aria un certo ponte per poi spegnerne l’entusiasmo dicendo che la teoria è soltanto teoria, e subito dopo si accendeva la pipa.
Noi vorremmo, davvero lo vorremmo, entrare nella testa di T.B., ci piace il suo modo di stuzzicarci con provocazioni continue, aggregati di situazioni emotivamente coinvolgenti nella loro disperata ricerca di verità. . All’improvviso, dalla locanda allegra e rumorosa frequentata dai contadini del posto, una visione idilliaca per il bambino Thomas, veniamo catapultati in uno scenario quasi horror, tra un amico d’infanzia impazzito, probabilmente a causa dell’isolamento, dell’alcol e della fatica dei campi. Ragnatele della lunghezza di diversi metri dominavano la casa, odore di marcio, suo padre si era impiccato, ad aprirmi la porta fu un essere mostruoso tutto capelli e luridume. Nulla ci viene risparmiato, perché T.B. vuole che sprofondiamo anche noi nella palude, nella melma putrida che non lascia scampo. Il mondo è repellente, inesorabile, micidiale. Adesso abbiamo bisogno di aria fresca, di acqua di sorgente, del mormorio di foglie su alberi verde smeraldo. Ero uno destinato a non farcela. Il bambino Thomas non si assolve di nulla, a scuola era l’ultimo della classe, delle cose che mi venivano insegnate non m’importava praticamente niente. Secondo il nonno, Thomas era un bambino di intelligenza superiore alla media, ma si sa che l’amato nonno amava il caos. Adesso vorremmo scappare via da questa casa, da questa famiglia, dal loro caos, dalla genialità di T.B., sia bambino che adulto. Avremmo bisogno di qualcosa di calmo, di armonioso, perfino di banale, una parete con tappezzeria a piccoli fiori azzurri, un bollitore del tè sul fuoco, una finestra spalancata su di un giardino in primavera. Forse stiamo sognando anche noi le cotolette impanate della zia. Lui ci fa questo effetto. Ci sentiamo dei vigliacchi, dei pusillanimi. Il suo genio ci attrae ma nel contempo vorremmo riposare la mente, posarla su di un cuscino soffice e profumato di lavanda. Mentre meditiamo la fuga ci raggiungono imperiose le parole del nonno: Quando diamo delle preoccupazioni ai nostri genitori, ciò significa che nella vita diventeremo qualcuno. Quale viatico per il bambino Thomas! Un altro cambio di scena, adesso avvertiamo il profumo inconfondibile del mare, ci dondoliamo sopra un’amaca posta su di un peschereccio: che cosa ci facciamo qui? Siamo forse diventati il neonato, figlio illegittimo, che trascorre i primi mesi di vita in mezzo alle onde, sia pure le onde calme di un porto? Quale struggimento, al pensiero del mare, dell’aria di mare, della sua forza possente e misteriosa! Il desiderio di libertà è sempre stato il messaggio inconscio del mare, la voglia di salpare per chissà dove che accompagna gli spiriti liberi. Seguire la vita, anzi le vicissitudini di T.B. è come fissare uno specchio d’acqua attraversato da venti incontrollabili, le immagini si torcono e si deformano, non siamo più sicuri di dove ci troviamo, anzi, di dove lui ci porta, forse in un cimitero, un luogo a lui particolarmente caro, forse sulla tomba del piccolo amico, l’unico amico, morto all’età di quattro anni. Il mondo è repellente, inesorabile, micidiale. Andare a passeggio con T.B. e con suo nonno è la cosa più bella che ci potesse accadere, cerchiamo anche noi di avere sempre lo sguardo sull’eccelso, non sappiamo che cosa sia esattamente l’eccelso ma sentiamo nel profondo del nostro cuore che è l’unico modo di scampare alla ridicolaggine e meschinità, questo lo sappiamo che cos’è, ne siamo circondati. Seguire T.B. a scuola rappresenta un incubo senza fine, entrando a scuola tremavo, uscendo piangevo, andavo a scuola come si va al patibolo. Le scuole sono soltanto fabbriche di imbecillità e di depravazione, le parole del nonno ci risuonano nelle orecchie. Ora le immagini si torcono, si confondono, anche noi stiamo meditando la morte, la fine di quell’incubo del quale ci sentiamo spettatori impotenti. Adesso ci troviamo in Baviera, vediamo camicie brune sfilare tra canti e schiamazzi, sentiamo sotto le dita il velluto nero a coste dei calzoncini d’ordinanza della gioventù hitleriana indossati dal bambino Thomas pronto per la sfilata, lui, sì, il ribelle Thomas, l’incorreggibile Thomas. Presto l’Istituzione che tutto vede e controlla correrà ai ripari, il bambino va rieducato, ci ritroviamo con lui seduti su di un treno che corre silenzioso verso un nuovo inferno, quello riservato ai bambini difficili, quali anche noi ci sentiamo, o abbiamo sempre pensato, o temuto, di essere. Il mondo è repellente, inesorabile, micidiale. Appeso alle campane il bambino Thomas ci mette tutta la sua energia, le campane suonano a morto per i caduti e a ogni rintocco per Thomas arriva la ricompensa in monete, correvo molto spesso dal sagrestano e gli domandavo se era morto qualcuno. Adesso sentiamo distintamente le sirene d’allarme, la guerra non soltanto la sentiamo, la vediamo, ovunque nella neve c’erano spruzzi di sangue. Ma la tragedia sta per arrivare al suo epilogo, una tragedia che anche il cimitero ci restituisce , con la parola camerata, prima aggiunta ai nomi dei caduti sulla lapide, poi cancellata con lo scalpello dopo la fine della guerra.
Le sensazioni qui descritte sono nate dopo la lettura di “Un bambino”, pubblicato a Salisburgo nel 1982, in Italia da Adelphi nel 1994, che conclude l’autobiografia di Thomas Bernhard (L’origine, La cantina, Il respiro, Il freddo, Un bambino). Abbiamo preferito inserire questo testo subito dopo Il prologo, per coerenza temporale.
Da “Un bambino”
Era sempre e soltanto per angoscia che correvo tanto in fretta, per angoscia di morte.
Un romanziere, un pensatore! Il disprezzo che si attirava era più grande dell’ammirazione.
Ma la volgarità è da ogni parte intorno a noi, e ogni giorno, inevitabilmente, soffochiamo nell’imbecillità.
I più intelligenti sono continuamente minacciati dalla pazzia.