BABBO NATALE & C. di Pietro Paolo Capriolo
Lo sportello della stufa è già aperto ed il bambino un po’ esita ad introdurci la letterina indirizzata a Gesù Bambino affinché, bruciando, salga verso il cielo sottoforma di fumo.
È un rito di famiglia già compiuto dal fratello maggiore che ora, complice dei genitori, assiste alla spedizione di una missiva speciale: la richiesta dei doni natalizi che segue la promessa scritta d’esser “più buono” l’anno venturo.
Pochi sono i desideri espressi, anche perché siamo appena oltre la prima decina d’anni dalla fine della guerra e le vetrine non hanno da esporre la grande abbondanza di oggi. Prima di chiudere la lettera, i genitori hanno controllato bene che non ci fossero errori d’ortografia, così da poter conoscere in tempo le richieste e provvedere a soddisfarle.
C’era sempre qualcosa in più ai piedi del lettino: album da colorare, una scatola nuova di pastelli Caran d’Ache, un cestino di frutta con i datteri e non mancavano mai le opere a stampa: i primi tempi, semplici favole illustrate e poi, aumentando l’abilità del lettore, anche veri e propri libri.
Eh… anni di una felice ed innocente trepidazione di quand’ero scolaretto!
Il rito, tale e quale, con il fratellino non si poté ripetere più, perché nella nuova casa c’erano i termosifoni, ma in qualche modo noi grandi riuscimmo ad indagare su cosa egli desiderasse per Natale.
Non c’è da stupirsi che allora noi ci rivolgessimo a Gesù Bambino. Pensate: nel 1960 una canzoncina dello Zecchino d’oro era intitolata proprio «Caro Gesù Bambino» in cui un bimbo povero non chiede balocchi, ma un celeste compagno di giochi. Perfino Andrea Bocelli l’ha ripresa (2009), attratto da quella struggente ingenuità.
Ora va di moda Babbo Natale e l’infanzia ha a disposizione un apposito ufficio postale a Rovaniemi in Finlandia [Santa Claus’s Main Post Office, 96930, Napapijri] dove indirizzare la letterina che, comunque, è più prudente far leggere prima ai genitori!
Ho recentemente domandato all’intelligenza artificiale chi, oltre Babbo Natale, porti i doni ai bambini. Con la Befana in Italia (più che altro per i dolcetti), ho ottenuto per risposta i Re Magi in Spagna. Non soddisfatto, ho chiesto se non lo facesse anche san Nicola di Bari e mi è stato detto di sì, in Germania il sei dicembre. Sapevo però di altre ricorrenze ed ho incalzato l’IA con santa Lucia (la notte tra il 12 ed il 13 dicembre) e poi con i Murticeddi della Sicilia (2 novembre), ottenendone ogni volta conferma. Da ultimo, mi sono permesso di rivolgerle un rimprovero, cioè perché avessi dovuto fare più di una interrogazione per avere una risposta esauriente su un argomento tanto diffuso. Risultato? Si è scusata, elencando finalmente in un unico testo le ricorrenze ed i personaggi coinvolti. In pratica ho contribuito io ad istruirla!
In quanto alla commemorazione dei defunti, altroché la pagliacciata orripilante di Halloween! La ricorrenza dei Murticeddi (o Murticeddri) palermitani portava una serena atmosfera nella famiglia ricostituita al completo, con la riscoperta delle tradizioni, delle antiche sacre ricette culinarie ed il nostalgico ricordo di chi non c’era più. Ne hanno dato testimonianza Camilleri e, di recente, Catena Fiorello sul n. 43/24 di Famiglia Cristiana.
Ma ritorniamo al protagonista del Natale, Gesù Bambino. Ci arriviamo di rimbalzo, da un altro ricordo della mia infanzia.
Dovevo ancora compiere i sei anni al ventinove di giugno quando, a maggio dell’ultimo anno di frequenza dell’asilo, ho fatto la prima comunione: si usava così.
Ci avevano fatto imparare un po’ di catechismo e un bel giorno – proprio in via eccezionale, maschi e femmine insieme!- una ventina di prescelti, siamo stati per una buona mezz’ora con la superiora delle monache, le nostre maestre, che ci ha spiegato bene la procedura da fare.
Lasciamo perdere la consapevolezza del fatto religioso, perché a quell’età cosa ne potevamo capire noialtri? La cosa che ci preoccupava tutti era come prendere l’ostia sulla lingua, senza tirarla troppo fuori, giusto appena al principio del labbro inferiore, per poi ritirarla con bel garbo, affinché il tondino di pane le restasse in mezzo e non si attaccasse al palato o finisse tra i denti. Questo proprio no: guai, assolutamente!
Bisognava farsi venire tanta saliva in bocca per ammorbidirla e poi deglutirla intera, tutta d’un colpo, recitando una preghiera. Per nulla facile. Dopo averci fatto ripetere a voce come si dovesse fare, la suora tirò fuori un sacchetto di carta contenente ostie non ancora consacrate, diciamo… da esercitazione. Dalla teoria alla pratica: chi le leccava le dita, chi non apriva abbastanza la bocca e faceva cadere l’ostia, chi cercava di liberarsi presto dell’incombenza mandandola giù quasi asciutta per risputarla con un colpo di tosse e chi addirittura istintivamente la masticava.
Prova e riprova, quasi tutti superammo il test. Solo in pochi non riuscivano a trattenersi dalla masticazione. Si vedeva che non lo facevano apposta ed era altrettanto evidente dall’espressione del viso che la cosa alla suora dispiacesse proprio.
Messi da parte i recidivi, con tanta pazienza e senza nemmeno alzare il dito a minacciarli, disse semplicemente loro: «Ricordatevi di chi vi porta i regali a Natale».
Alla successiva prova, tutti ci riuscirono: com’era stato possibile?
Secondo me, benché fossimo ancora in primavera, devono aver ragionato che non convenisse lasciare al Bambin Gesù il ricordo di averlo morsicato.
Che genio questa monaca! Da premio Nobel per la didattica (se mai ci fosse) con la seguente motivazione: per la convinzione autoindotta all’immediato e spontaneo apprendimento.
Ho esaltato la sua genialità e, se non si trattasse di genere al femminile, potrei esclamare come il Manzoni «Diavolo d’un frate!» a proposito del novizio fra Cristoforo che ha appena chiesto perdono al fratello dell’ucciso, mettendolo addirittura a disagio per il suo atteggiamento tanto umile. [Cap. IV dei Promessi sposi]