L’ELITROPIA E ALTRE BUFALE di Pietro Paolo Capriolo (P: P: Roe)
Ricordiamo tutti volentieri la novella del Boccaccio nella quale è narrata la vicenda dello stolto “dipintore” Calandrino, menato non per l’aia, ma lungo il greto del torrente Mugnone alla ricerca d’una pietra dal magico potere di rendere invisibili chi la portasse con sé. Bruno e Buffalmacco si fanno beffe di lui al vederlo caricarsi di sassi d’ogni tipo nella speranza di trovare quello giusto e, simulando la sua scomparsa, lo prendono addirittura a sassate, fingendo di lamentarsi che egli si sia eclissato dalla loro vista ed egoisticamente li abbia piantati in asso, senza condividere con loro il prezioso ritrovamento. Il poveretto, nella sua illusione, sopporta le ingiurie di amico infido e finanche la blanda lapidazione per la strada deserta fino a casa, dove però la moglie rompe il finto incantesimo col rimproverarlo d’aver fatto tardi per il desinare. Calandrino attribuisce la colpa di aver perso l’invisibilità alla donna e le somministra percosse. Gli amici burloni gli fanno però credere che l’errore sia suo, non essendosi premunito di tenersi alla larga dalle donne che -si sa- incarnano la disgrazia di far perdere i poteri magici. A parte questa nota misogina, che forse nel 1300 e nell’assurdità della vicenda non avrebbe destato scalpore come oggi, possiamo domandarci perché mai il noto personaggio del Decameron abbia acconsentito a tentare l’assurda ricerca dell’elitropia, per lui vera pietra filosofale. Il suo segreto progetto, una volta invisibile, era d’impadronirsi dei denari dei cambiavalute che, pavido qual era, non avrebbe affrontato senza l’incantesimo. Seppur irrealizzabile, era dunque un’intenzione cattiva, da autentica rapina.
Interessante è notare come l’instillazione nella fragile mente dell’uomo doppiamente gabbato avvenga con l’artificio della parola eloquente d’un altro burlone, Maso del Saggio, che prima gli aveva fatto la descrizione del paese di Bengodi [ripresa quasi alla lettera ed integrata un paio di secoli dopo in latino maccheronico dal dotto benedettino Teofilo Folengo (1491 – 1544)].
In mineralogia è detta elitropia una varietà di calcedonio verde scuro con intrusioni di ossido di ferro, per cui è chiamata anche erroneamente diaspro sanguigno, bloodstone, in inglese. Anche il nome è ricco di fascino; richiama infatti la luce del sole (elios) e la possibilità di cangiare (tropéin) sfumature di colore. Già Plinio il Vecchio, nella sua Naturalis Historia, attribuiva poteri all’elitropia e lo stesso Dante (Inferno, XXIV) cita la pietra con la virtù dell’invisibilità nelle speranze disilluse dei dannati nella settima bolgia dei ladri di poter sfuggire ai morsi dei serpenti. Col tempo, dal regno vegetale spuntò pure un elitropio, pianta officinale dalle proprietà sedative, analgesiche e di molto prudenziale consumo.
Se la pietra filosofale è introvabile in natura, gli alchimisti di ancora non troppi secoli addietro si proposero di produrla artificialmente distillando vari intrugli d’origini minerale ed organica. Costoro non erano ignoranti e spesso approfittarono di qualche occasionale scoperta per abbindolare il popolo, sempre con l’ausilio della parola eloquente, della citazione di sapienti antichi e di allusioni a studi e millantati poteri magici. Io stesso e più volte, evocando un’epoca senza passatempi serali e scarse conoscenze scientifiche, ho inscenato la storia del mago in grado di far comparire dal nulla rame purissimo alla presenza di un pubblico condizionato e con il desiderio di assistere ad uno spettacolo eccezionale. Curiosi di saper come? Ecco la mia tecnica.
Per prima cosa ricreo un’atmosfera un po’ fascinosa presso un castello sperduto con la notizia dell’arrivo di un sedicente mago in grado di trasformare i metalli vili in altri di maggior valore, facendo quindi leva non solo sulla curiosità ma anche sull’illusione di una facile ricchezza. Al termine di un banchetto, nel quale si farebbero discorsi pseudoscientifici, si fa la cosiddetta dimostrazione.
In un’ampolla (Va benissimo un bicchiere di vetro, ma l’ampolla fa più scena, come per l’acqua attinta alle sorgenti del Po da esponenti di un noto partito!) contenente un’azzurrognola soluzione satura di solfato di rame (il comunissimo CUSO4 dei vignaioli), si fa immergere da un candidato a svolgere il ruolo di antico castellano una comunissima lama di taglierino dai lucidi riflessi d’acciaio. Agitando la mano e nel recitare in coro una formula magica prestabilita ̶ Igitur igitur, digitus magicus aes donat pròtinus [= Allor dunque, il dito magico produce rame all’istante] ̶ (nulla vieta di ricorrere al più noto Abracadabra o al Supercalifragilis… di Mary Poppins), si fa trascorrere qualche secondo, poi si estrae la lama, la si lascia asciugare all’aria nell’ammirazione di tutti, perché è ricoperta di lucido rame metallico che si può anche asportare in forma di sottilissimo strato. La lama del taglierino sostituisce il pugnale del signorotto cui si poteva chiedere, a questo punto, lunga ospitalità e finanziamenti per poter continuare gli studi alla luce degli astri e raggiungere magari un dì lontano l’agognato oro. Ora noi moderni possiamo parlare di reazione di scambio semplice tra solfato di rame e ferro, ma ai tempi ipotizzati nella mia scenetta tutto ciò appariva come autentica magia.
Tornando alle pietre, sono in vendita gioielli in pietre dure semipreziose e/o sassolini ad uso fermacarte levigati con lungo processo di burattatura ottenuti da frammenti degli scarti di lavorazioni di marmi pregiati quali l’alabastro, l’agata, l’ametista, la fluorite, il quarzo… ed il già citato calcedonio. La credenza attribuisce a queste pietre poteri difficili da dimostrare, ma anche da smentire: si parla di coraggio, equilibrio psichico, pace interiore, etc.
Nei primi anni del terzo millennio, un amico laureato in materie scientifiche estrasse dalla tasca un avvizzito frutto di ippocastano, attribuendogli la virtù di averlo preservato per tutta la cattiva stagione da raffreddori ed influenza. Alle sue parole opposi: «Ma proprio tu, per di più con la moglie medico, credi a queste cose?» Sorrise, accusando il colpo.
Per l’abbindolamento non è necessario sempre ricorrere ad un corpo estraneo materiale: basta la suggestione che una sequenza di numeri disposti in una particolare combinazione possa costituire un talismano. Passatempi matematici annoverano tabelle dei cosiddetti “quadrati magici” dove, sommando tutti i numeri in ogni colonna, in ogni riga e nelle due diagonali si ottiene, per magia, sempre lo stesso risultato. Ci sono tecniche (ignote al grande pubblico e soprattutto agli scolari cui questi quadrati magici sono affibbiati come esercizi di calcolo) per “predire” il risultato, in base anche al numero pari o dispari delle caselle del quadrato. Alcuni sono autentici crittogrammi, cioè la loro costante additiva richiama qualcos’altro. Celebri sono quello della Sagrada Familia di Barcellona che racchiude il n. 33, presunta età di Cristo e quello raffigurato nell’incisione Melencolìa (o Melancholia) di Albrecht Dürer, dove nell’ultima riga si notano la data 1514 che è l’anno della realizzazione dell’opera e (in ordine alfabetico delle lettere) le iniziali dell’autore: 1 = A e 4 = D.
Non per pedanteria, faccio però notare che, quando si vuole far tornare comodamente un risultato, si possono infrangere le regole della tecnica per ottenere la costante magica. Infatti, Dürer scambiò di posto la seconda colonna (con la celletta 14) per la terza (contenente il 15) in modo d’avere non il numero 1415, ma la data 1514. Nella Facciata della Passione della cattedrale progettata da Antoni Gaudì, lo scultore Joseph Maria Subirachs non ha messo la casella del 12 né quella del 16, ma ha ripetuto i quadretti 10 e 14, perché in un quadrato magico d’ordine 4 e pari, la costante sarebbe risultata 34 e non il voluto 33 che oltretutto è pure dispari.
Per liberare i ragazzi dalla noia del calcolo, ho loro rivelato la tecnica per produrre quadrati magici di ordine pari e dispari da regalare ad amici e parenti, destando meraviglia. Io stesso mi sono fabbricato il cosiddetto Talismano di Saturno, di ordine 3 (cioè, con tre quadretti per lato e la successione dei primi nove numeri all’interno), con costante magica 15, rigorosamente in piombo che è il metallo che gli alchimisti relazionavano con il pianeta Saturno. Naturalmente non gli attribuisco nessun potere; è solo una curiosità da esibire e, da fonditore dilettante di soldatini, è un prodotto un po’ diverso da quelli ottenuti con gli stampi soliti.
Notissimo anche con il nome cinese LO SHU, legato alla leggenda di essere stato rinvenuto sul carapace di una tartaruga, il Talismano di Saturno figura addirittura nel simbolo dei ragionieri commercialisti, non con i numeri arabi, ma con raggruppamenti di puntini corrispondenti.
Il Talismano del Sole, d’ordine 6, al di là della mia portata economica perché realizzato in oro, era riservato ai regnanti.
Per il loro supporto cartaceo, metallico e corneo, questi numeri per creduloni hanno ancora un legame con la materia. Le date di nascita invece rappresentano elementi più astratti e rientrano in una particolare categoria di superstizioni, condizionamento (quando non anche di sfruttamento) legata all’astrologia. La compianta Margherita Hack, astronoma autentica e purtroppo inascoltata, metteva in guardia dall’affidarsi all’oroscopo: qualora le supposte ed immaginarie figure dello zodiaco esistessero, i loro punti luminosi avrebbero in profondità distanze fra loro astronomiche che solo l’apparenza dovuta alla intensità della luce emessa le renderebbe vicine, come per un’intenzione particolare; inoltre, nei millenni queste figure sarebbero pure mutate.
Soprattutto a fine ed inizio d’anno, abbondano le trasmissioni televisive che hanno come tematica gli oroscopi. Sono seguitissime e non richiedono particolari palinsesti né grandi spese di allestimento: basta invitare qualche noto astrologo e radunargli attorno un pubblico che si dimostri interessato. Imitando le iscrizioni che compaiono per legge sui pacchetti di sigarette, mi piacerebbe che passasse in sovrascrittura sul fondo dello schermo la scritta: nuoce gravemente all’intelletto. Sarebbe una bella iniziativa se qualcun altro rilanciasse l’idea, nella speranza che venga accolta da chi cura le programmazioni o ha qualche possibilità da influencer.
Dalla preistoria, l’uomo ha cercato di interpretare i moti dei corpi celesti attribuendo loro qualche influenza sulla vita reale. Nel corso dei tempi, la curiosità è stata tuttavia promotrice di studi di astronomia con calcoli matematici utili al di fuori del contesto astrologico, di previsioni di maree ed eclissi, di definizione sempre più precisa del calendario, di confronti analogici della sfericità dei pianeti con la terra creduta piatta… Tuttavia tante decisioni sui destini dei popoli sono state condizionate da credenze coltivate dai potenti della Terra. Tanto per rendere facilmente l’idea, cito la saga dei film di Indiana Johns da cui traspare un po’ la follia di conquista perfino con strumenti magico/sacri e l’iniziazione da neofiti con riti misterici delle SS, secondo le brame di rapina mondiale di quell’imbianchino fondatore del Terzo Reich, ben più pericoloso e criminale del nostro povero e stolto dipintore Calandrino. Per finire, vi esterno come mi comporto quando qualcuno vuol conoscere il mio segno zodiacale. Rispondo: «Sono del… Segno della Croce (e, prevedendo lo stupore dei richiedenti, aggiungo pure) ascendente Vergine, quella assunta in cielo, però!».