L’UOMO: ALGORITMO OBSOLETO di Letizia Gariglio
Molti di noi in anni recenti hanno provato, insieme a me, sentimenti contrastanti verso un autore, Yuval Noah Harari, che ha delineato nei suoi libri dai sottotitoli omonimi, dapprima una Breve storia dell’umanità (Sapiens. Da animali a dei), poi una Breve storia del futuro (Homo deus). Nel primo libro, pubblicato in Italia nel 2014, parla di noi, rappresentanti dell’Homo sapiens, divenuti signori del pianeta. Ci propone la sua teoria secondo la quale l’Homo Sapiens è giunto a conquistare una simile condizione di privilegio: circa 70.000 anni fa l’Homo sapiens avrebbe saputo operare un salto di qualità mentale e intellettuale, una vera e propria «rivoluzione cognitiva», caratterizzata da un diverso modo di pensare e comunicare, forse dovuta a accidentali mutazioni genetiche in grado di modificare le connessioni neuronali del cervello, che ha ampliato le capacità linguistiche della specie, rendendola straordinariamente duttile, fino a fare del linguaggio uno strumento idoneo alla comunicazione sociale (chiave fondamentale per la sopravvivenza e la riproduzione), consentendo così lo sviluppo di sofisticati modi di cooperare. Ma, dice Harari, la capacità davvero unica del nostro linguaggio è «la capacità di trasmettere informazioni su cose che non esistono affatto». «Solo Homo sapiens», scrive, può parlare di cose che non esistono veramente e mettersi in testa storie impossibili appena sveglio. Non riuscirete mai a convincere una scimmietta a darvi un banana promettendole che nel paradiso delle scimmiette, dopo morta, avrà tutte le banane che vorrà». L’uomo, invece, lo fa. Questa abilità, insieme a quella dell’immaginazione, hanno permesso il salto di qualità. Ciò ha permesso all’Homo sapiens di vivere una realtà duale: da una parte la realtà oggettiva di «fiumi, alberi, leoni, dall’altra la realtà immaginata di dei, nazioni, società per azioni». In conclusione sembrerebbe che la rivoluzione cognitiva abbia permesso ai Sapiens di affrancarsi in parte dalle dipendenze della biologia.
«Noi siamo una delle ultime generazioni di Homo Sapiens. Entro un secolo o due la terra sarà dominata da entità che saranno diverse da noi quanto noi lo siamo dagli scimpanzé»: parole pronunciate da Yuval Noah Harari a Davos. Secondo la storico nelle prossime generazioni impareremo a progettare corpi e cervelli: «questo sarà il prodotto principale dell’economia».
Nella visione dello storico (Harari nasce come storico del Medioevo) una élite costituirà il gruppo dominante del pianeta, diciamo meglio: saranno i padroni del pianeta.
Chi saranno dunque i futuri padroni del pianeta? Saranno coloro che, possedendo la conoscenza dei dati, saranno dominatori della scena di vita dell’uomo e della vita stessa.
Per dati si intendono soprattutto i dati biometrici, vale a dire quelli che riguardano ciò che avviene nel corpo e nel cervello umano, uniti a una grande capacità di calcolo. La capacità di calcolo è ottenuta oggi dai progressi dell’informatica e sarà ottenuta via via sempre più dal miglioramento della cosiddetta “intelligenza artificiale”.
Se la conoscenza dei dati si concentrerà nelle mani di pochi, non avremo una società divisa in classi: si prefigura una scenario non dissimile da quello che vediamo realizzarsi giorno per giorno, che si compirà ai massimi livelli, dove il potere sarà tutto concentrato in poche mani (non generose) affiancate da una moltitudine di poverissimi.
L’importanza della conoscenza dei dati sottende la capacità di hakerare son solo i computer ma – precisa l’israeliano Harari – anche gli esseri umani e altri organismi. In questa visione gli organismi vengono considerati algoritmi biochimici: tutti gli organismi, compreso quello umano, che sarà così compiutamente conosciuto tanto da poterlo controllare e “ricreare” a piacimento. Le nuove “scienze” daranno la possibilità di decifrare e controllare gli algoritmi biologici, dunque di hakerarli.
La complessità dell’uomo sarà conosciuta, analizzata, “smontata” e “rimontata” sia a livello del singolo individuo, sia nell’aspetto dell’umanità nella sua complessità: e qui anche Harari è d’accordo con noi quando afferma che sarà il momento dell’ascesa della dittatura digitale (lui stesso così la definisce) e della riprogettazione della vita stessa da parte della élite.
Fin qui il quadro della situazione futura non si differenzia sostanzialmente da quello proposto dalle organizzazioni dedite a delineare progetti di Transumanesimo, ma, pur accennando a eventuali evidenti pericoli da cui ci mette in guardia, si spinge poi a parlare di una «evoluzione intelligente della vita», non già progettata dalla vita stessa, ma dalle élite che si prefigurano, e non manca di attendersi risultati possibilmente positivi. «Dopo quattro miliardi di anni di evoluzione della vita organica», dice, «stiamo entrando nel tempo dell’evoluzione della vita inorganica, dominata da un disegno “intelligente” preordinato e controllato da élite».
All’inizio del XXI secolo sta avvenendo qualcosa di veramente nuovo e Homo sapiens sta valicando i propri limiti: da sempre l’evoluzione umana ha avuto luogo in base a leggi di selezione naturale, ora queste leggi stanno per essere sostituite da quelle di un nuovo disegno che i partigiani della Silicon Valley e del Transumanesimo, tra cui Harari, definiscono un «nuovo disegno intelligente», che si realizzerà, come abbiamo compreso, attraverso gli strumenti della biotecnologia, dell’ingegneria biomedica, dell’ingegnerizzazione degli esseri non organici.
Da ciò che vediamo accadere attorno anni non si tratta (solo) di sperimentazioni sugli animali, né di modificazioni di specie indesiderate, o di modificazioni di alimenti, del loro gusto, o del loro contenuto genetico, e nemmeno di resuscitare specie estinte. Si tratta invece della progettazione (e si teme della realizzazione a breve), di modificazioni sostanziali nella fisiologia umana, nel nostro sistema immunitario e nelle capacità intellettive e emotive dell’uomo, di impiantare con nuove forme di ingegneria biomedica parti organiche dell’uomo con parti inorganiche, combinate in modi inseparabili nei nostri corpi, fino a ottenere con metodi di ingegnerizzazione esseri umani strettamente combinati con parti inorganiche, o esseri inorganici con simulacri di vita e di intelligenza, per esempio ottenendo un vero cervello dentro a un computer.
I dubbi che Harari poneva al termine del suo primo libro sul processo in corso a causa dell’irresponsabilità umana sono nel frattempo scoloriti, svaniti sull’onda del megagalattico successo delle sue opere (che l’hanno reso una celebrità plurimiliardaria) e sull’onda del feedback che tumultuosamente lo invade ad ogni conferenza di fronte a centinaia e centinaia di persone, nelle sedi importanti dei potenti della terra, nel rispetto totale delle richieste delle élite.
L’ammirazione per l’ accattivante, fluida e nello stesso semplice scrittura di questo autore ha lasciato il posto dapprima a un catulliano odio et amo, per divenire rifiuto nei confronti di questa punta di diamante del globalismo integrale.