INCONTRO IMPOSSIBILE IN ATENE di Pietro Paolo Capriolo (P. P. Roe)
Incontro impossibile in Atene
«Il signor Timèo, suppongo! Uso questa questa forma di saluto dall’humour tutto inglese che per noi dell’era moderna è diventata famosa dopo l’avventuroso ritrovamento di Livingstone presso il lago Tanganica. Ma perché mai le sto dicendo questo, quando lei non può nemmeno sapere a quale episodio mi riferisco? Comunque mi perdoni l’anacronismo e sappia che sono lieto di incontrarla».
«Anch’io, soprattutto perché ha azzeccato l’accento. Io aleggio come spirito evocato nelle aule dei vostri licei (Non è mica l’unico a fare salti temporali, sa?) e mi capita spesso di sentirmi nominare con l’accento sulla i. Non è tutta colpa degli studenti, li compatisco. Secondo me, la causa è anche da attribuire all’invadenza dei docenti di latino, con quel rompicapo dei verba timendi».
«Sì, mi ricordo: tutto dipende dalle aspettative di chi prova timore: timeo ne, ne non, ut».
«Eppoi, non è mica detto che non possa sapere dell’esistenza di quel lago, anche se sono più esperto di mare e di oceano».
«Beh, diciamo del lago di Tiberiade che voi chiamavate pomposamente: mare di Galilea. Al massimo avrà avuto esperienza del Mediterraneo, ma non certo dell’oceano oltre le colonne d’Ercole».
«Ma per chi mi ha preso?»
«Per Timeo, il padre di Bartimeo, il famoso cieco di Gerico del primo secolo dopo Cristo».
«Bartimeo! Chi era costui?»
«Adesso è lei a fare una citazione letteraria, come quella celebre sul filosofo scettico Carneade. Bartimeo, narrano i Vangeli, è uno che se ne sta a mendicare seduto lungo la strada. Venuto a sapere che l’affollamento intorno è dovuto al passaggio del Messia, si mette a gridare per essere notato e guarito. A furia di alzare la voce, nonostante lo zittissero, riesce ad attirare l’attenzione di Gesù che poi gli fa la grazia richiesta. Lei, invece, quale Timeo sarebbe?»
«Per tutti gli dei dell’Olimpo, sono quello di Platone! Come ha potuto scambiarmi con quel pezzente? Un intero dialogo del grande filosofo porta il mio nome. Colloquio nientemeno che con Socrate, pensi un po’!»
«Ah… Quale lapsus ho commesso! Chiedo scusa. Quando ho prenotato l’intervista, avevo in mente quell’altro. Dato che lei però, tutto sommato, non è più di un ectoplasma letterario, tento di giustificarmi con colta eleganza. C’è un fraintendimento simile rappresentato nei teatri di mezzo mondo; mi riferisco a quello messo in scena da Pirandello: Enrico IV di Germania scambiato per Enrico IV di Francia, con un divario temporale di ben quattrocento anni.»
«Allora la scuso. Quando ho detto di avere competenze sull’oceano, l’ho fatto a buon motivo. Nel dialogo che porta il mio nome, Platone fa il primo cenno alla perduta Atlantide»
«Benissimo! La cosa m’incuriosisce. Pensi che a distanza di millenni, c’è ancora chi la cerca e ogni tanto si hanno notizie di sensazionali scoperte archeologiche sottomarine, sempre deludenti però. Chissà che non sia un’occasione per fugare dubbi ed indirizzare le ricerche a buon fine».
«Non si faccia troppe illusioni. Intanto se è nel dialogo di Timeo che si inizia a parlare di Atlantide, non sono propriamente io a farlo. Nella nostra dotta conversazione, il ruolo da me rivestito è quello di esperto in cosmologia. Dalle mie parole voi ricavaste il concetto di ordine cosmico secondo il progetto del Demiurgo».
«Già il Demiurgo che tanto piacque a sant’Agostino di Ippona…»
«A trattare l’argomento che le interessa è stato l’amico Crizia e lo fece in ben due occasioni. Come saprà, dopo il mio, segue il dialogo di Crizia che Platone scrisse successivamente, magari anche anni dopo, ed infatti gli esperti ravvisano differenze riguardanti il favoloso regno oltre le colonne d’Ercole».
«Dunque nell’oceano, non nel Mediterraneo con l’ipotesi del cataclisma sull’isola di Santorini?»
«Non pensi ad un’isola soltanto anche se questa c’era ed era il centro dell’impero, circondata da acque e terre concentriche, inaccessibile ad altri popoli. La sua influenza politica e militare si estendeva sull’Africa fino all’Egitto ed in Europa fino alle sponde italiche».
«E Crizia tutte queste cose come le ha sapute?»
«Solone, il grande legislatore ateniese, apprese queste vicende da un sacerdote egizio e le trasmise a Crizia il vecchio che a sua volta le raccontò all’amico Crizia che ne parla con me e Socrate».
«Dunque già la trasmissione della notizia è macchinosa e poi perché bisogna spostarsi in Egitto?»
«La faccenda è complessa. Solone infatti non ne sapeva nulla e viene introdotto alla materia dal dotto sacerdote che rinfaccia agli Ateniesi di non aver serbato memoria delle proprie glorie come invece hanno saputo fare gli Egizi. Pensi che si trattava di fatti successi ben novemila anni prima e di cui in Grecia non c’era più alcuna traccia».
«Di quale gloria si dimenticarono i Greci?»
«Dell’epica guerra vinta contro l’impero di Atlantide, praticamente da soli, senza alleati in Europa. E ciò fu possibile grazie agli ordinamenti politici e alle virtù militari degli Ateniesi che rimasero fedeli alle impostazioni morali dei fondatori della polis: Efesto ed Atena».
«Se ho ben capito, Atlantide ebbe un tracollo militare già prima del disastroso sprofondamento nell’acqua dell’oceano?»
«Sì ed in seguito ci furono altri diluvi (voi dite tsunami, vero?) ed anche Atene dovette più volte rinascere da capo con gli scampati sui monti che erano pastori ed illetterati e non si preoccuparono di tramandare fedelmente la loro gloria oralmente, figuriamoci per scritto!».
«Non ebbero cioè la fortuna di un vate come Omero che ne perpetuasse il ricordo. Ma perché Atlantide sprofondò?»
«Le dirò: me lo sono sempre chiesto anch’io. Crizia nel suo dialogo si interrompe proprio sul più bello, dopo aver narrato di una convocazione fatta da Zeus agli altri dei per deciderne il destino».
«Credo che a Platone interessasse più che altro far risaltare l’aspetto etico della politica, forse anche perché deluso di come andava ai suoi tempi».
«Però deve ammettere che quel racconto ha lasciato anche altre tracce oltre al nome di Oceano Atlantico. Quando nei fondali del mare a Gela nel 2014 avete ritrovato rozzi lingotti di una lega rame/zinco, avete chiamato il prodotto di quel rinvenimento “l’oro di Atlantide”, cioè l’oricalco. Crizia narrava che le pareti del tempio di Poseidone erano rivestite all’interno di quello che crede essere un metallo raro e nuovo. In effetti la produzione di oricalco (un antenato del vostro ottone) causò turbolenze valutarie nel commercio del rame e del bronzo all’epoca nostra».
«So che le proporzioni di rame/zinco fanno variare le prestazioni alla lega di ottone. Per le notevoli proprietà musicali, l’oricalco è impiegato tuttora nella produzione di strumenti orchestrali detti semplicemente “ottoni” quali: trombe, tromboni, tube, ma è anche impiegato in parti di sassofoni … Mi dica con sincerità: lei ci ha mai creduto all’esistenza di Atlantide?»
«Non mi pronuncio. Di fatto, sono un personaggio dei dialoghi di Platone. Come mi ha chiamato? “Ectoplasma letterario” Bravo! Le dirò che nemmeno Aristotele, il fido discepolo di Platone, non doveva crederci granché. Sentenziò infatti: “L’uomo che l’ha sognata l’ha anche fatta sprofondare!” La prosecuzione del racconto, come ha intuito, non era infatti più funzionale come richiamo etico ai politici. È stato un piacere conversare con lei. Salutandola, mi permetto però di raccomandarle di fare più attenzione al personaggio, quando prenoterà un’altra intervista impossibile».