RES NULLIUS di Pietro Paolo Capriolo ( P. P. Roe)
Res nullius. (Art. 923 del Codice civile)
Qualcuno sicuramente ricorderà il film che Ermanno Olmi diresse per la RAI nel 1970 e di cui, in collaborazione con Mario Rigoni Stern, curò anche la sceneggiatura: I Recuperanti.
Costoro erano, ancora nell’ultimo dopoguerra, coloro che andavano per l’altopiano di Asiago alla ricerca di residuati bellici del precedente conflitto 1915/18 per riportare alla luce ottone, rame, ferro, piombo ed esplosivi da rivendere e ricavarci di che vivere. Niente affatto sprezzanti del pericolo, la loro avventurosa perlustrazione per trincee ed accampamenti, che furono alternativamente italiani ed austriaci, era motivata dalla mancanza di lavoro.
Mettevano in gioco la vita ogni volta che vibravano il piccone ed alzavano la terra negli affossamenti causati dallo scoppio delle granate che, insieme alle vittime in divisa, seppellivano anche metalli squarciati dalle esplosioni o ancora inutilizzati e ben assemblati nella loro pericolosità di forma ideata per uccidere a distanza. Prudenza e pazienza, lentezza di movimenti, memoria di tragico destino altrui andavano formando l’esperienza di quei girovaghi cercatori di sepolti miserandi tesori impregnati di morte causata da crudele disegno strategico o evitata per grazia del Cielo.
Nel tempo, soprattutto con l’introduzione del metal-detector, le occasioni di ritrovamenti favolosi andarono esaurendosi ed insieme alla pietà per le accidentali riesumazioni di membra umane, venne diffondendosi la ricerca a scopo storico collezionistico, per allestire musei ed incrementarne il materiale documentaristico. Anche i privati appassionati di cimeli fecero virare l’interesse ad esempio più su mostrine, elmetti e gradi militari che non su quintali di piombo ricavato da proiettili vari.
Anche l’aumento della temperatura ha fatto emergere dal ghiaccio bivacchi, camminamenti, depositi di attrezzature nascosti per decenni alla vista e determinanti per documentare la vita degli opposti belligeranti in montagna.
A metà tra l’opera di recupero e quella del collezionismo, mi va di proporvi il caso singolare di un uomo che improvvisamente si sente ispirato a far sì che un bene, questa volta mobile ed immateriale, non vada perduto e diventi per lui una fonte di innocente godimento.
Si può dire che in ogni comune ci siano queste vie. Ebbene, collochiamoci nei pressi del Caffè dell’angolo, fra via Roma e via Italia in un comune della Città Metropolitana di Torino, ad osservare un tale che tutte le mattine viene a prendersi il caffè con un goccio di latte, fermandovisi una mezz’oretta fra le otto e le nove e, alla domenica, dopo la messa solenne.
Guarda passare la gente, ma da qualche tempo è interessato particolarmente alle donne che parlano con qualcuno. Se da sola, può essere una bellezza, ma la degna soltanto di un rapido sguardo selettivo. La donna deve avere almeno vent’anni; nessun limite per un’età superiore, però sistematicamente scarta quelle che a suo giudizio hanno subìto un significativo restauro facciale, specialmente nella zona delle labbra, magari con quelle iniezioni al botulino che ne paralizzano i movimenti e ne inficiano la libera espressione. A chiedergliene la ragione, ti risponderebbe che se gli piacessero le bamboline, se ne sarebbe già comprata qualcuna nel negozio dei giocattoli.
Una passione innocente, però non solo un passatempo. Si sente motivato a compiere un’azione di recupero, come quando da ragazzino, su indicazione del papà, faceva sciogliere in una latta sulla forgia il rivestimento in piombo degli avanzi di cavi elettrici destinati all’esterno, prima dell’avvento della plastica: metalli diversi e diverso dunque il prezzo nel rivenderli.
La motivazione ai suoi appostamenti gli è venuta qualche mese prima.
Due tavolini più in là di fronte a lui, s’era seduta una giovane signora che pareva parlasse da sola: dall’orecchio le pendeva un cavetto bianco che finiva nella borsetta appoggiata sulla sedia accanto. Parlando al telefonino (questo non gli era sfuggito), lei faceva anche dei gesti con la mano come per indicare un oggetto o un posto a qualcuno. La ricerca s’era conclusa di lì a poco ed il viso della signora s’era illuminato d’un sorriso delizioso che dall’altro capo del telefono nessuno poté godersi; lui sì però! Per tutto il tempo della telefonata, aveva potuto contemplarla, fingendo di bere nuovamente il caffè e tenendosi la tazzina appena sotto gli occhi.
Allora, da filosofo in erba pur sulla settantina, cominciò a riflettere sulla grandissima quantità di gesti ed espressioni facciali che si fanno conversando e a quanta di questa significativa produzione se ne vada sprecata, perché nessuno ci fa attenzione. Si fanno d’istinto, ma nessuno li reclama.
Secondo la sua interpretazione della legge, non è proprietà di nessuno o, per parlare difficile, si tratterebbe di res nullius, come dice l’apicoltore Toni quando lo chiamano per catturare uno sciame d’api che ha abbandonato l’arnia troppo piena per far posto alla nuova giovane regina ed alla sua imminente covata. Queste bestiole hanno il loro valore, però bisogna saperle prendere senza danneggiarle e prima che diventino pericolose. Ma un sorriso, una risatina, una bella bocca dischiusa, due file di denti bianchi nel viso d’una ragazza, una faccia allegra e, a volte, perfino un bacio affidato all’aria… che male possono fare? Anzi!
Eppure sembra che a nessuno importino alcunché, se non a lui.
Anche d’inverno, al Caffè dell’angolo un raggio di sole non manca quasi mai ed egli si accomoda al tavolino di fuori. Sfogliando il giornale, tiene d’occhio le donne che passano: mamme che accompagnano i bambini a scuola e che se ne tornano chiacchierando fra loro, c’è chi va a fare la spesa in compagnia, coppiette dopo la messa…
Raramente rientra in casa senza aver catturato nemmeno un sorriso che altrimenti sarebbe andato perduto. Passando davanti al ritratto della sua Maddalena appeso in salotto con un nastrino nero nell’angolo in alto, gli pare spesso di sentirsi interpellato con una punta di gelosia:
«Oggi, con lo scippo di sorrisi, come ti è andata?»
A volte s’accorge di risponderle perfino:
«Missione compiuta, comandante!»
Così, per l’abitudine di quando ancora vestiva la divisa da brigadiere nella caserma del paese vicino. Poi, sempre per conto suo:
«Son mica un ladruncolo io. Piuttosto dovresti dire recupero, non furtarello di sorrisi. Ricorda, Maddalena, res nullius!»