OBBLIGO DI GELATO A TUTELA DELLA SALUTE di Letizia Gariglio
La Corte Costituzionale ha deciso, al momento non abbiamo ancora le motivazioni, che saranno espresse, con buona probabilità, nel giro di qualche settimana, ma la decisione è presa: sul perché la Corte avrà modo di riflettere e di pronunciarsi sulla propria decisione in seguito. Abbiamo il titolo del Comunicato Stampa: «Obbligo vaccinale a tutela della salute», Roma, 1° dicembre 2022, emesso dal Palazzo della Consulta.
È sicuramente un titolo che contiene in se stesso, con quel pronunciamento «a favore della salute» la qualificazione, la coloritura con la quale la sentenza verrà pronunciata: contiene l’argomento e nello stesso tempo il cappello sotto il quale si vuole che guardiamo all’argomento e alla sentenza. Non so perché, ma nella mia totale ignoranza giuridica, mi pone in condizione di dubbio, di sospetto: è come se contenesse in sé l’enunciazione e il risultato, la premessa e la conclusione. Come se dicesse: «Obbligo di mangiare il gelato a tutela della salute». Non vi sentireste smaccatamente spinti vostro malgrado verso il gelato perché è già deciso che il gelato deve essere mangiato?
La prima parte della Sentenza, comunque, devo rileggerla più di una volta per capire: «La Corte ha ritenuto inammissibile, per ragioni processuali, la questione relativa alla impossibilità, per gli esercenti le professioni sanitarie che non abbiano adempiuto all’obbligo vaccinale, di svolgere l’attività lavorativa, quando non implichi contatti interpersonali». Dunque, mi chiedo, è inammissibile che sia accaduto, o è inammissibile che i sanitari privi di vaccinazione abbiano pensato di svolgere la loro attività lavorativa senza contatto interpersonale? Ma poi anche io capisco. Capisco che tutti ricorsi dei lavoratori sospesi dai loro servizi a causa dell’obbligo vaccinale (personale scolastico, sanitario e in parte militare) sono stati cancellati con un colpo di spugna.
Le scelte adottate dal legislatore nel periodo della pandemia, relativamente all’obbligo di vaccinazione, sono salvaguardate, ritenute «non irragionevoli». Contemporaneamente è stata esclusa la corresponsione di un assegno, da addebitarsi al datore di lavoro, per coloro che, grazie alla normativa, erano stati sospesi dallo svolgimento del loro lavoro.
Non ci si aspettava nulla di diverso, sia per la certa politicizzazione dei membri della Corte, le cui storie personali evidenziano l’appartenenza o la vicinanza a parti politiche che era necessario salvare, sia per l’enormità degli interessi in gioco, che avrebbero eventualmente pesato sulle conseguenze di una diversa sentenza e avrebbero fatto implodere la costruzione sui cui si è basata la dittatura sanitaria negli ultimi anni. Così ancora una volta balza in evidenza la possibilità per i governi di imporre procedure medicali o farmacologiche ai cittadini, e nello stesso tempo di imporre procedure sanitarie ai lavoratori di determinate categorie e professioni.