SCIVOLARE VERSO LA BARBARIE di Letizia Gariglio
Desidero rinforzare la riflessione contenuta nell’articolo di novembre sulle problematiche innescate dalla gestione del Covid 19, soffermandomi sulla lettura del discorso pronunciato davanti al Senato da Giorgio Agamben, quando il 7 di dicembre, appena trascorso, è intervenuto di fronte ai nostri senatori in merito alla votazione sul decreto legge. Si è trattato di un discorso molto forte in cui il filosofo già dalla sua premessa ha messo in campo parole dalla notevole risonanza, rammentando ai parlamentari in modo diretto, privo di giri di parole, il codice di Norimberga. Ha riportato la memoria al 1947, quando a Norimberga si stavano celebrando i processi ai medici che durante il nazismo si erano resi colpevoli di crimini gravissimi, applicando procedure letali nei lager, e si erano così resi colpevoli di aver abbandonato il giuramento di Ippocrate per seguire pedestremente la volontà di Hitler nell’applicare la politica eugenetica, secondo i dettami del regime nazifascista: «La corte del processo di Norimberga», ha detto Agamben «messa di fronte agli evidenti eccessi del potere medico, riteneva necessario fare una dichiarazione sui principi etici e giuridici che avrebbero dovuto regolare il rapporto fra i medici e i soggetti umani. Da allora noi definiamo questi principi “il Codice di Norimberga”». Ha continuato Agamben: «La dichiarazione esordisce affermando che in questo rapporto il consenso volontario del soggetto umano è assolutamente essenziale e che questo consenso deve essere esercitato liberamente, cioè, secondo le parole del Codice, senza l’intervento di qualsiasi elemento di forzatura, inganno, frizione, esagerazione o altre ulteriori forme di obbligo di coercizione» .
Si è domandato il nostro studioso se noi oggi ci troviamo davvero in una simile condizione di consenso volontario; egli ritiene indispensabile una netta distinzione fra medicina e politica: «Non possono essere evocate ragioni scientifiche per giustificare provvedimenti che sono per loro natura necessariamente politici».
Agamben ha invitato i parlamentari – ma evidentemente l’esortazione è rivolta a tutti noi cittadini che dai parlamentari dovremmo essere rappresentati – a riflettere sul fatto oggettivo che la prima volta nella storia in cui uno Stato intervenne con l’obbligatorietà di una legge per regolare la salute dei cittadini fu la legge per proteggere il popolo tedesco dalle malattie ereditarie, che Hitler fece approvare nel 1933, appena salito al governo: in seguito a questa legge furono applicate quattrocentomila sterilizzazioni forzate. Agamben vede oggi trasgressioni pericolose al Codice di Norimberga, con il beneplacito, a suo parere, dell’Ordine dei Medici, e teme la condizione odierna in cui di fatto la Medicina si pone in posizione surrettizia rispetto al Legislatore, venendo a patti con i governi: questa è la strada che conduce verso condizioni inaccettabili di limitazione delle libertà «verso le quali le ragioni mediche offrono il pretesto ideale per un controllo senza precedenti».
Nel suo discorso Agamben ha esplicitato una domanda che molti di noi si pongono: è accettabile che una malattia la cui mortalità è dello 0,2% (ha citato il professor Palù) tenga in scacco un intero paese limitandone e sconvolgendone la vita?
Al termine del suo discorso si è rivolto direttamente ai Parlamentari, in modo assai coinvolgente chiedendosi: se il vaccino non protegge dal contagio (dato ormai acclarato), dunque è inefficace, perché c’è bisogno di una terza dose, poi magari di una quarta?: «Eppure il Governo», ha detto, «anziché mettere in discussione la politica fin qui seguita in merito ai vaccini, coadiuvato in ciò dai media sempre più irresponsabili, ha preferito fare la cosa peggiore che si può fare in una società, cioè dividere i cittadini in due classi nemiche, i vaccinati e portatori di Green Pass e gli altri, definiti con un termine che ricorda i non-ariani: sbrigativamente i no-vax. Così si seminano l’odio e la discriminazione», ha terminato il filosofo «con l’accusa senza fondamento contro chi ha scelto di non vaccinarsi: quella di danneggiare gli altri».
Condivido ogni parola di Agamben, compresa l’idea che una società fondata sull’odio, la divisione, la paura non sia una società vivibile. Desidero ancora concludere riportando le sue parole: «Io credo che il nostro paese stia scivolando in una barbarie che non ha precedenti, una barbarie che viene ad assomigliare sempre di più a quella che Primo Levi definiva “la vergogna di essere uomo”, la vergogna, cioè, che qualcosa di ingiusto e inumano sia stato irrevocabilmente introdotto nel mondo».