Più affondo negli anni le radici in questo mondo
lottando con effimere conquiste e delusioni,
più questa terra così bella e vorticosa
io sento estranea, ed è disagio non solo
di uomo insoddisfatto o inadeguato ai tempi nuovi,
ma è malessere più profondo e misterioso.
Fantastico allora e vividamente sento
come in un pacifico sogno
che la mia vera patria, la casa da cui vengo
non è questa, per quante vite abbia qui vissuto,
ma una terra pura lontana in spazi e tempi,
e questa sia un confino, una prigione.
O forse è solo l’ancestrale nostalgia
del materno amorevole rifugio
o mitica memoria di un’età dell’oro,
oppure di un’antico Eden dove,
protetti da ogni male, reclusi
e obbedienti si viveva prima dell’esilio,
e sola colpa fu di aver scelto
di accoppiarci e fare figliolanza senza
l’intervento e il permesso di dei superbi.
Così portammo per il mondo in eredità
le virtù loro e anche i loro vizi.