A PROPOSITO DI THOMAS BERNHARD. VIAGGIO NEL LABIRITNO DELLA SCRITTURA di Grazia Valente
4. Nella direzione opposta
“Avevo la sensazione di essere scampato a una delle più grandi assurdità umane, cioè al ginnasio”.
Nel nostro clandestino inseguimento umano e letterario di T.B. ci accorgiamo di avere perso l’orientamento. Pensavamo di dirigerci verso la scuola, quel ginnasio che lui frequenta, sia pure malvolentieri, e invece ci ritroviamo davanti all’ufficio di collocamento, dal quale lui esce con aria soddisfatta. Ma dove starà andando? Quello verso cui si dirige è un quartiere malfamato della città [Salisburgo] noto come il quartiere degli orrori, non riusciamo a capire che cosa ci vada a fare, anche se un poco ci sembra di conoscerlo, T.B., e non dovremmo sorprenderci davanti alle sue giravolte, agli scarti improvvisi dei suoi comportamenti. Adesso lo vediamo mentre entra in quella che sembra una cantina, in realtà si tratta di un negozio di alimentari zeppo di merci e di gente. Abbiamo la sensazione di stare per iniziare un nuovo viaggio, tra odori di frutta e verdura, in mezzo a una umanità opposta a quella frequentata da T.B. fino a quel momento, umanità che vive in un quartiere considerato un’unica grande macchia fatta di povertà, quindi di fame, di delitti, di lordura. All’interno della cantina adibita a negozio di alimentari la vita scorre ordinatamente e sembra che il giovane Thomas si stia ambientando velocemente. Lo vediamo mentre accompagna le signore alla propria abitazione portando le loro sporte cariche di spesa, gli piace quella sua intrusione nelle case di questi abitanti del quartiere, lui osserva sempre ogni cosa con amorevole attenzione, finalmente si sente a proprio agio all’interno di questa macchia considerata socialmente pericolosa, ma non per lui. Invece dei compagni di ginnasio della borghesia salisburghese adesso ci sono i giovani commessi che a fine giornata, stremati dalla fatica, si accasciano sulle casse del magazzino e invece di libri e quaderni maneggia cassette della frutta e sacchi di patate. Al collocamento ci pare ancora di sentire la voce dell’impiegata che cerca di convincerlo a presentarsi in negozi del centro, negozi prestigiosi che vendono capi di abbigliamento di classe, un vero orrore per il ragazzo che arde invece dal desiderio di andare nella direzione opposta, un totale capovolgimento delle sue abitudini e delle aspettative della famiglia, compreso il nonno. Adesso ci stiamo addentrando nel quartiere malfamato dove si trova la cantina adibita a negozio nella quale lavora Thomas, un quartiere di cui la pubblica amministrazione si occupa soltanto prima delle elezioni per poi rigettarlo nell’oscurità, un quartiere che lui considera anticamera dell’inferno, e cercare oggi di descrivere quell’inferno o anticamera dell’inferno è pura follia, la verità dei fatti, delle cose che accadono nella realtà, è incomunicabile, esistono solo menzogne camuffate da verità, noi tutti mentiamo credendo di dire la verità, di raccontare la verità dei fatti, che in realtà non esiste e non è mai esistita. Il nostro sforzo di raccontare questo quartiere, che per lui e per noi costituisce l’anticamera dell’inferno, è assolutamente vano e fallimentare, possiamo solo sperare che un poco di verità sia rimasto pur nella menzogna, una minima parte di verità da poter trasmettere. In quella cantina adibita a negozio di alimentari ascoltiamo insieme a T.B. i discorsi dei clienti, operai e mogli di operai, conversazioni che comprendono principalmente i viveri, l’approvvigionamento dei viveri, il sesso e la politica, essenzialmente riferita agli americani. Conversare, o sarebbe meglio dire discutere di politica è il passatempo preferito degli uomini e lo è stato in tutti i tempi, politica e guerra, ma in quella cantina non tutti discutono di questo argomento, non lo fanno i grandi mutilati, quelli rimasti senza gambe o con una placca di metallo nel cranio. La guerra è la poesia dell’uomo. All’inseguimento di T.B. ci rimane addosso la disperazione degli abitanti di quell’inferno che non risparmia nessuno, è il loro destino, comperano e comperano, quasi sempre a credito, comperano e comperano perché grande è la loro disperazione ed è solo adesso, mentre seguiamo T.B. in questo inferno sotto forma di quartiere salisburghese, che comprendiamo cosa sia davvero la povertà, la disperazione che ne consegue, il destino immutabile che colpisce i diseredati, i reietti di ogni tempo e di ogni luogo. Nel negozio-cantina nei giorni di paga si affollano questi reietti, questi diseredati che comperano ogni sorta di merce, ad esempio candelieri che non avrebbero mai usato o cestelli versavino quando il vino lo bevevano quasi sempre direttamente dalla bottiglia. Ci sentiamo addosso la disperazione di quelle famiglie numerose, senza futuro, chi aveva tentato di fuggire da quell’inferno chiamato povertà era poi ritornato più povero di prima, più reietto di quando era partito. Il principale di T.B. è lui stesso un reietto, avrebbe voluto fare il musicista, quello era il suo sogno, ma aveva dovuto ripiegare sul commercio di generi alimentari, abbastanza redditizio anche se in un quartiere povero e miserabile come quello. Il principale di T.B. che sognava l’Orchestra Filarmonica di Vienna adesso vende patate ad altri diseredati che affollano il suo negozio. Assistiamo con un certo stupore alla metamorfosi del ragazzo Thomas, al suo adattarsi con gioia alla nuova realtà, al manifestarsi della sua vocazionenei confronti del commercio, al dispiegarsi della sua felicità nello stare quotidianamente a contatto con la gente più umile. Il duro lavoro manuale che concerne il commercio di generi alimentari non lo spaventa affatto, gli siamo accanto mentre riempie bottiglie d’olio, sacchi di farina, mentre seleziona le patate, spolvera gli scaffali, prepara il banco con i cesti dei prodotti, affetta il pane, mette al fresco il burro e le uova, riordina i bollini delle tessere annonarie necessari per gli acquisti di generi alimentari. L’inferno per lui è diventato la casa, la famiglia, la povertà che vi regna, il fine settimana che coincide con il rientro a casa è l’inizio del nuovo inferno, il lavoro è la liberazione, a casa vivono in nove in tre stanze, Thomas dorme su di una branda nell’ingresso, vicino alla porta, il suo amato nonno, adesso gravemente ammalato, dorme con un revolver sotto il cuscino che di giorno tiene sulla sua scrivania, minacciando sempre il suicidio, da un momento all’altro ci si aspetta che dalla piccola stanza dove vive si senta un colpo di pistola. Ma lo scorrere del tempo ci porta adesso nuovamente nel negozio-cantina ma ai giorni nostri, dove il ragazzo Thomas, ora divenuto uomo, ritorna a rivedere quel quartiere che sta per essere demolito, il negozio-cantina dove lui lavorava è ormai chiuso e lascia intravedere il suo interno rimasto identico, ora coperto di polvere. Certamente è stato abbandonato dal proprietario aspirante musicista a causa dell’irrefrenabile avanzare del progresso sotto forma di supermercati, che hanno reso il negozio impossibilitato a proseguire il suo commercio. Chissà come facevo ad arrivare con sacchi da novanta chili dal magazzino fino al negozio. Lo sguardo di Thomas adulto è distaccato, freddamente consapevole della fatica di allora, lo sguardo di oggi non è sorretto dall’entusiasmo di allora, dalla felicità del ragazzo che appena quindicenne si guadagna da vivere. La felicità è in tutti e in nessuno, e così pure l’infelicità. L’occupazione americana aveva devastato parecchie famiglie, nel senso che aveva migliorato il loro tenore di vita e questo per aver ceduto le loro ragazze con la faccia triste agli americani. Ma qui, in questo quartiere considerato l’anticamera dell’inferno, ci rendiamo conto oggi, adulti al seguito di Thomas divenuto adulto, che questo quartiere è stato la nostra salvezza, quello che ci ha impedito di diventare esseri umani artificiali e non smettiamo di chiederci, insieme all’adulto Thomas, all’ex ragazzo ipersensibile Thomas, all’ex ginnasiale in fuga Thomas, che cosa ne sarebbe stato di noi se non avessimo resistito con forza inaudita alle proposte dell’ufficio di collocamento, alle pressioni dell’impiegata dell’ufficio di collocamento e non fossimo andati con testarda determinazione nella direzione opposta, quella stessa identica direzione opposta che si sta preparando per il ragazzo Thomas grazie all’interferenza ambiziosa del nonno, una direzione opposta a quella di semplice commerciante, una strada indirizzata verso l’arte, verso il talento artistico che il nonno è assolutamente certo alberghi in Thomas, e questo talento non potrà dispiegarsi che nel canto, ovviamente nel bel canto. Sta per iniziare una nuova avventura, poco a poco agli odori penetranti del negozio di alimentari si affiancano le lezioni di canto, un contrasto che T.B. considera salvifico, assolutamente fondamentale per la sua formazione e la sua crescita. Adesso ci ritroviamo nuovamente all’interno del castello, tra quei muri bui, quelle finestre con le tende tirate, e vorremmo, davvero lo vorremmo, che T.B. ci apparisse, vorremmo poter ascoltare ciò che pensa della vita, della sua e della nostra, avvertiamo un misterioso legame tra di noi, percepiamo che ha qualcosa da dirci, qui, adesso, ma l’unico suono che ci accompagna è quello dei nostri passi che attraversano i saloni del castello, passi veloci oppure lenti, a seconda del nostro grado di stanchezza. Sentiamo il peso della vecchiaia, la nostra e anche la sua, la cui voce ogni tanto avvertiamo come se uscisse da qualche crepa nel muro: per tutta la vita stiamo insieme a persone che di noi non sanno assolutamente nulla, la voce che scandisce queste parole è ferma, nessun tremito, nessuna esitazione, anche le sue parole, le frasi che ci arrivano nel silenzio sepolcrale del castello, sono ferme: siamo attaccati alla vita, ma se anche la vita finisce è lo stesso. Alla fine lo abbiamo trovato, Thomas Bernhard.
Le sensazioni qui descritte sono nate dopo la lettura de “La cantina”, pubblicato a Salisburgo nel 1976 e in Italia da Adelphi nel 1994, che ripercorre il periodo trascorso come apprendista in una cantina adibita a negozio di alimentari a Salisburgo, subito dopo la fine della seconda guerra mondiale.
Da “La cantina”
Non volevo diventare niente.
Tutto quello che scrivo, tutto quello che faccio è disturbo e irritazione.
La verità è assolutamente incomunicabile.
Quello che qui [nella scuola professionale per commercianti] era bugiardo, non era così bugiardo come al ginnasio.
Quando cessa il lavoro, cominciano le malattie.
L’uomo non ama la libertà.
Il fine settimana è il colpo mortale inferto al singolo e la morte di ogni famiglia.
Imparai che il sapersi continuamente disciplinare è la premessa per andare avanti nella vita di ogni giorno.
La spietatezza è anche un segno distintivo della vecchiaia.
Ogni uomo è un incubo abbandonato soltanto a se stesso.
Gli uomini sono quel che sono e non si possono cambiare.