IL GRANCHIO, racconto di Effe DU (Bestiario casalingo e dintorni)
IIl sole settembrino concedeva agli scogli gli ultimi sussulti di calore mentre le onde continuavano a coprire la parte bassa della scogliera con la precisione e la cadenza che solo il mare possiede. Io lì, seduto oziosamente sullo scoglio con le gambe penzoloni nell’acqua, cercavo, con scarsi risultati, di infrangere l’onda.
Un piccolo granchio fa capolino sullo scoglio a fianco del mio, con aria a metà tra sfida e impertinenza, mi osserva fisso immobile, ormai fortunatamente lontano da quelle orde di ragazzini che armati di secchielli e bastoncini avevano tormentato tutta l’estate la colonia di granchi… Io faccio finta di nulla, evito movimenti bruschi e continuo per parecchi minuti a ignorarlo; ho pensato che forse avevo occupato lo scoglio personale dell’amico granchio o forse gli stavo sbarrando la strada per tornare al suo scoglio madre… poi lentamente mi giro e lo guardo fisso, lui sempre là immobile, proprio mi sfida!
Ma era poi sicuro che mi guardasse?; ce li hanno gli occhi i granchi? Andai via e non ci pensai più. Il giorno dopo stesso mare, stesso scoglio e…stesso granchio, non volevo credere ai miei occhi, l’amico granchio era li, fisso e immobile, ma era poi lo stesso del giorno recedente? Mi affezionai all idea che mi stesse aspettando. Il rituale fu lo stesso, io che facevo finta di ignorarlo e lui che che mi osservava immobile, poi d’improvviso, colpo di scena, fece un piccolo movimento, poi un altro e un altro ancora: ormai ci guardavamo direttamente negli occhi, era sul bordo dello scoglio pronto a conquistare anche il mio, ma non fu cosi. Restò fermo fino alla mia partenza senza più muoversi. Io cominciavo ad essere confuso, se mi muovo scappa via, pensai, e non torna più, se continuo a ignorarlo magari si offende… a piccoli passi andai via; quando mi voltai per controllare se fosse ancora li, ero ormai distante e lui fin troppo piccino. Il giorno dopo arrivai all’appuntamento con una bacchettina di legno che doveva fungere da ponte levatoio per il granchio, dal suo scoglio al mio, senza sparire nel mare. Arrivai e lui era già sul bordo dello scoglio, chiaramente mi aspettava, con molta delicatezza adagiai il bastoncino tra i due scogli, ma lui non si fidò, restò ancora immobile, anzi per un attimo arretrò, poi tornò nella sua posizione. Lasciai “aperto” il ponte levatoio quando andai via. Il giorno dopo non potevo credere ai miei occhi, era sul mio scoglio e la bacchettina ancora li. Cosa fare? Sedermi accanto a lui oppure occupare il suo scoglio… Decisi di prendere la bacchettina e di avvicinarla all’amichetto, funzionò, lui prese a salire e scendere come se stesse giocando. A un certo punto fece un passi decisivo, passò dalla bacchetta al mio braccio, salì fino quasi alla mia spalla, non nascondo che mi pizzicava abbastanza ma feci finta di niente; ci guardammo con sguardo complice, e mi sorrise? Io dico di si. Lo salutai quando partii avvertendolo che sarei tornato dopo alcuni giorni. Cosi feci. Arrivai subito allo scoglio, vuoto, aspettai tanto ma il mio amichetto granchio non c’era. La bacchettina era ancora lì.Guardai anche su altri scogli. Una signora che aveva osservato sorniona, senza farsi notare, con attenzione tutta la scena dei giorni precedenti mi chiese con ironia, sta cercando qualcosa? sì, il mio amico granchio, risposi d’istinto, ma forse stavo facendo una gaffe terribile. Ma le ha dato un nome per poterlo chiamare? Mi stava chiaramente prendendo in giro? Eppure il tono della sua voce era delicato e sincero. No, non ne ho avuto il tempo. Capisco, ribatté la signora. Le devo però dire che per alcuni giorni un granchio si è fermato su quello scoglio davanti a lei ed è stato lì per molto tempo, poi un giorno un’onda lo ha travolto e non l’ho più visto. Preso dallo sconforto diedi l’unica risposta stupida che mi venne in quel momento
«Ha per caso lasciato un messaggio per me?…»
«Ho del caffè caldo, ne vuole?», ribatté la signora.