HOMO LUDENS di Wanda Scuderi
Homo ludens di Wanda Scuderi
Boyb, il pet meccanico, zampettava e annusava un po’ ovunque come al solito. La giornata luminosa e il cielo terso rendevano particolarmente smagliante il prato erboso che rivestiva, uniforme come una moquette, gli ondeggiamenti del terreno e le piccole colline intorno.
Il territorio era frequentato da tante persone: bambini, giovani e anziani, che circolavano da soli o in gruppi, camminavano, correvano, scivolavano, rotolavano, danzavano, si fermavano a chiacchierare in piedi o seduti per terra, si distendevano a riposare e a godere del sole tiepido e confortevole.
Lara dopo una corsetta di alcuni minuti, sentì il desiderio di rotolarsi e scivolare lungo una china: era una pratica divertente che molti amavano fare quotidianamente. Infine, si stese sull’erba per riposare. Improvvisamente, Boyb, il pet meccanico accovacciato accanto a lei, ebbe uno scatto e si lanciò in una corsa sfrenata. Era stato programmato per seguirla da vicino e rispondere ai suoi comandi, e quindi, adesso, cosa stava facendo? Perché era scappato? Era andato in tilt? Doveva resettarlo subito! Cercò il telecomando nella sua sacca, ma non lo trovò. Così fu costretta a rincorrerlo e questo la fece inquietare moltissimo: avrebbe dovuto farlo riparare al più presto. L’avrebbe portato da quel tecnico che aveva risolto i problemi di malfunzionamento di Joyn, il pet della sua amica Noá. Una buona revisione dei suoi circuiti e microchip e sarebbe tornato a posto.
Dopo alcuni minuti di inseguimento, Boyb era ancora lontano e Lara lo vedeva a distanza, come un puntino che continuava ad allontanarsi. Si sarebbe fermato prima o poi?
La ragazza si era stancata e così si fermò un attimo per riposarsi. Ora ti sistemo io!, pensò, rivolgendosi mentalmente al suo pet impazzito.
Tirò fuori dalla sua sacca le turboline e le applicò alle suole delle sue scarpe. Con quegli aggeggi ai piedi, continuò il suo inseguimento più velocemente, compiendo grandi balzi sul prato. Finalmente arrivò al boschetto dove aveva intravisto sparire lo scapestrato Boyb. Non le era ancora capitato di passeggiare in quella parte del parco e quindi lo conosceva poco. Notò che c’era una piccola radura fangosa ed era proprio lì che il pet si era finalmente fermato. Lara, ansimando di fatica, stava per saltargli addosso, ma qualcosa la bloccò: il cane/robot aveva uno strano comportamento: sembrava annusasse l’aria, emettendo stridii e ancheggiando vistosamente; prima indietreggiava come spaventato e poi si riavvicinava al luogo, facendo ancora versi e movimenti strani. Doveva aver percepito qualcosa di insolito, dedusse la ragazza. Percepire e monitorare era proprio il suo compito, del resto. Boyb infatti era un pet speciale, un cercaflussi. Era parte della sua dotazione di lavoro, ma era diventato anche un suo prezioso piccolo amico.
Ad un certo punto, fece un saltello e sembrò agganciare qualcosa di invisibile. Lara in quell’attimo ebbe un lampo di consapevolezza che le fece capire la situazione: tirò fuori dalla sua sacca degli occhialini con vetri arancioni, spessì e vistosi e se li applicò agli occhi, facendoli aderire perfettamente ai due piccoli attacchi magnetici che erano inseriti sotto la pelle della fronte. Con quel presidio poteva vedere bene tutti i flussi di pensiero che, come nastri colorati di tinte pastello, si trovavano nell’aria e un po’ dovunque incastrati fitti fitti tra loro, sovrapposti l’uno sull’altro a strati multipli.
Così vide anche lei quello che Boyb aveva trovato.
Lanciò un urlo di sorpresa. Che cos’era quella cosa? Guardò e osservò nell’aria davanti a sé, inclinando la testa in varie posizioni, indecisa sul da fare. Poi si diede una scossa, indossò dei sottilissimi guanti magnetici, prese delicatamente dalla pseudo bocca di Boyb il capo del flusso che aveva agganciato e cominciò a tirarlo a sé con delicatezza.
Fu molto faticoso raccoglierlo e avvolgerlo in un gomitolo, badando a non spezzarlo, poiché era incastrato in profondità e sepolto da moltissimi altri strati di pensiero. Mentre lo estraeva, il cuore le batteva all’impazzata: non aveva mai visto un flusso di quel colore: giallo scuro, denso e intenso. Sembrava una striscia di cuoio vecchio, ed era così incastrato nella profondità della Cupola del Pensiero, che si vedeva solo una piccola punta del bandolo. Non capiva come Boyb avesse potuto percepirlo dal luogo distante in cui si trovavano prima…
Era sensorialmente molto più dotato di quanto lei potesse immaginare!
Osservò il gomitolo: non le era mai capitato di vedere una cosa come questa. Il colore mai visto e la sua profondità le facevano sospettare di aver trovato un pensiero anomalo. Forse aveva fatto una scoperta che le avrebbe dato delle grandi soddisfazioni… Magari un riconoscimento, o un premio? Chissà! Lavorava solo da un anno alla IRRP (Istituto per il Recupero e il Riscaldamento del Pensiero) ed era ancora considerata dai suoi colleghi e dai suoi superiori una novellina a cui spiegare continuamente tutto.
Il suo orgoglio ne soffriva un po’. Dopo sei mesi di intenso addestramento le avevano dato il pet meccanico personale, specializzato nella ricerca dei capi dei flussi. Questi erano come nastri magnetici, incisi dai pensieri umani e si trovavano dovunque nell’aria, in alto e vicini al suolo, ma erano così fitti, stratificati e intricati che era molto difficile trovare l’inizio del nastro, il bandolo, così fondamentale per il loro corretto recupero.
L’I.R.R.P. era specializzato nel recupero e trattamento di tutti i flussi di pensiero del territorio, e ogni territorio aveva un Istituto analogo, così che il pensiero, cioè le elucubrazioni mentali, le idee, e le interpretazioni personali degli eventi, emessi nel tempo e da varie persone, potesse essere mappato in tutto il pianeta, e poi lavorato e riutilizzato in vari modi.
Nell’Istituto i ricercatori e i tecnici producevano delle copie dei flussi, li decifravano e decodificavano per farne una catalogazione.
Le copie dei gomitoli venivano conservate con cautela in caveau sotterranei, per poi essere utilizzate per vari usi: quelle più significative, che risultavano cioè pregne di informazioni, di cultura e di valori, venivano inviate ai Centri Educativi, dove apposite apparecchiature avrebbero immesso i pensieri-apprendimento direttamente nelle giovani menti di bambini e ragazzi, sostituendo i libri e testi di studio della Scuola dell’antichità.
In altri laboratori invece le copie dei flussi più interessanti, venivano manipolate, elaborate e sviluppate, ottenendo il cosiddetto pensiero riscaldato, in termine tecnico.
Ovviamente questo lavoro poteva essere svolto solo con la preziosa collaborazione del Comitato dei Saggi che avrebbero suggerito le modifiche da applicare al pensiero originale, per arricchirlo in modo evolutivo.
Le copie modificate venivano poi immesse nelle Linee Sincroniche e inviate ad altre civiltà aliene che le avrebbero barattate con nuove tecnologie, ancora sconosciute e molto apprezzate dagli umani della Terra.
In ogni caso i flussi riscaldati avrebbero aumentato il livello di complessità dell’umanità del pianeta. Infatti era da tempo risaputo che, durante la notte, mentre si dorme, si assorbono i pensieri contenuti nelle Linee Sincroniche e questo si riflette poi, sui comportamenti da svegli, ma anche sull’arte, sulle scoperte scientifiche, sui valori personali, sulle relazioni, ecc.
Per i ricercatori e tecnici dell’Istituto vigeva un assioma molto importante: il flusso, molto delicato e sensibile poteva essere maneggiato per un massimo di 24 ore, dopo si sarebbe deteriorato. Quindi era essenziale decodificarlo e copiarlo e poi rimetterlo al suo preciso ed esattissimo posto da cui era stato prelevato, entro quel tempo.
Questa azione era così imprescindibile che non poteva essere contemplato errore di nessun tipo in questa fase, altrimenti il tessuto spazio-temporale ne sarebbe stato irreparabilmente danneggiato, con conseguenze imprevedibili sulla realtà presente e futura.
Chi avesse prodotto una mancanza nello svolgimento di questa procedura avrebbe avuto la massima pena giudiziaria prevista dalla Legge.
Nei primi sei mesi di addestramento Lara aveva dovuto ripetere ogni giorno questa regola perché la imparasse a memoria e diventasse come parte del suo DNA. Tutto il personale del I.R.R.P. era particolarmente preparato, attento e sveglio: nessuno aveva voglia di essere deportato sull’asteroide Gemini da solo e senza viveri….
Arrotolando il flusso scuro, la ragazza arrivò alla sua fine, il retro bandolo. Aveva ricavato un gomitolo non molto grande, ma sembrava pesare un po’ più dei gomitoli soliti. Ora doveva portarlo in Istituto. Fece un cenno di approvazione verso Boyb, gli avrebbe anche fatto una carezza, ma aveva le mani impegnate. Dopotutto era un bravo pet meccanico. Forse era lei che ancora doveva imparare a comprendere i suoi segnali. Non potendo usare le turboline, dovette camminare con calma verso il laboratorio.
In realtà quel giorno era mercoledì e non avrebbe dovuto lavorare: il suo giorno lavorativo era il lunedì e poi, come tutti gli altri, aveva il resto della settimana libero. Ma ormai, aveva estratto e raccolto quel gomitolo, e quindi doveva elaborarlo subito.
Arrivata stanchissima in Istituto, seguita da un Boyb sculettante, salutò i colleghi stupiti di vederla in un giorno diverso dal suo turno, e andò nel suo laboratorio. Ovviamente era occupato: ma quel giorno era il turno di Noá per fortuna.
«Noà, devo chiederti un favore: ho bisogno di elaborare questo gomitolo proprio oggi, anzi adesso, subito. Puoi lasciami il laboratorio a disposizione per tutta la giornata?»-
«Ma, cosa succede? Perché vuoi lavorare anche oggi?.»
«Non chiedermi nulla, poi ti spiegherò. Ma ora puoi farmi lavorare, per favore? »
«Va bene, ma non so se potrò fare il tuo turno lunedì, perché… anzi volevo già parlartene ieri…ma io…»
«Non adesso, Noà, ho proprio fretta, scusami. Poi mi dirai e anche io forse ti racconterò qualcosa di straordinario. Ma ora vai a fare una bella corsa sul prato! Dai! »
«Mi incuriosisci: chissà cos’è quel gomitolo così scuro!» – Poi visto lo sguardo accigliato di Lara aggiunse: «Va bene..vado…e…buon lavoro! »
Lara non la salutò neanche, presa com’era dall’inserimento del gomitolo nell’elaboratore per la decodifica. Attese il tempo necessario e intanto fece qualche carezza a Boyb e gli inviò una piccola scarica elettromagnetica di gratificazione. In risposta ebbe tanti sfrigolii di piacere.
Sullo schermo cominciarono a comparire a raffica immagini, segni, espressioni emozionali decodificate con simboli: era tutto molto strano e insolito. C’era l’immagine di un fiume e di un incendio, simboli di emozioni di paura, dolore, impotenza. L’elaboratore evidenziò una serie di parole chiave:
Fiume….paura…passaggio…freddo….dolore….andare….fermo….fuoco…paura …morte.
Lara sentiva un senso di oppressione e di rabbia che cresceva via via dentro di lei. ” Regola n 4: non farsi coinvolgere dal contenuto del pensiero, essere neutrali e distaccati sempre. ” Ricordò a se stessa.
Finora c’era riuscita, ma ora le emozioni sparate dal flusso erano così potenti e forti che sembravano uscire con impeto da qualsiasi contenitore, avvolgerla e rapirla, prendendola in una morsa alla gola e allo stomaco. Scaturiva nell’aria, come una visione fantasma, l’immagine di un ominide che si trovava sulla sponda di un fiume con una foresta che bruciava alle sue spalle. Lui voleva attraversare il fiume per salvarsi, ma aveva paura dell’acqua e della corrente che avrebbe potuto travolgerlo. Rimaneva fermo sulla sponda, devastato da paura, rabbia e senso di impotenza. L’acqua davanti a lui era gelida e gli faceva ritirare il piede che la saggiava, con una morsa di dolore, mentre il calore delle fiamme iniziava ad arroventargli le spalle.
Lara provava moltissima pena per quel lontanissimo progenitore, e capiva che l‘evento all’epoca doveva essersi concluso tragicamente.
Però, il suo coinvolgimento era eccessivo…. Sentendosi oppressa dalle emozioni, pensò di prender un po’ d’aria e oltretutto si era fatta l’ora del pasto.
I prati erano affollati di gente, singoli e gruppi, che mangiavano allegramente seduti per terra.
Lara si inserì nel gruppo di suoi amici e colleghi. Bambini e ragazzini scorrazzavano e giocavano intorno. Alcune coppiette si appartavano all’ombra di cespugli. Su una balza un gruppo stava improvvisando canti e musica. L’atmosfera era molto serena e gioiosa. Gli amici scambiarono con lei e tra loro il cibo portato e insieme mangiarono in allegria. Alla fine del pasto, si divisero in piccoli gruppi e trascorsero il tempo tra chiacchiere, racconti, poesie, confronti su argomenti, aneddoti.
Lara sentendo il bisogno di calmare le sue emozioni si distese sul prato e avvertì il rombo sordo che proveniva dal sottosuolo. Era un suono amico poiché lo producevano le fabbriche sotterrane gestite da macchine complesse e tecnologie robotiche, che creavano tutto quello che serviva.
Erano molto efficienti e alla popolazione non mancava nulla: fabbricavano qualunque oggetto, dai generi alimentari alle case prefabbricate, dagli elettrodomestici, robot domestici e infermieri, pet meccanici e farmaci, ai veicoli terra-acquei e terra-aria, arrivando persino a produrre l’energia e l’acqua che serviva nel quotidiano. Con questa organizzazione gli uomini non avevano bisogno di lavorare molto: quindi il lavoro era ridotto ad un solo giorno alla settimana per ciascuno. Erano pochi anche gli edifici dedicati al lavoro, perché gli stessi locali venivano usati a turno da sette squadre lavorative alla settimana. Nei restanti giorni ognuno poteva vivere come desiderava, dedicandosi alla socialità, all’amicizia, ai rapporti amorosi, allo sviluppo dell’arte e dei talenti, a praticare sport, a fare ricerche e ad elaborare progetti. Quindi, in tutti i centri abitati si era dato molto spazio alla creazione di teatri, piste sportive, palestre, auditorium, luoghi di incontro e di divertimento, edifici molto frequentati sopratutto di sera. Durante il giorno, si preferivano gli ambienti aperti e naturali, sia per il mantenimento della propria salute, che per lo sviluppo di una maggiore socialità, e quindi i prati erano diventati il salotto della collettività frequentato in qualsiasi giorno dell’anno, considerando che si era arrivati a mantenere un clima controllato, simile ad una primavera perenne. Il Prato: quella briciola di Natura che era rimasta, curato con estrema attenzione, irrorato la notte nelle radici da erogatori disseminati nel sottosuolo e periodicamente rasato alla giusta altezza dai robot giardinieri.
Noà si distese accanto a Lara, e le chiese:
«Vuoi riposare o posso finalmente parlarti?»
Lara si alzò sul gomito:
«Dimmi». –
«Ecco…devo dirti una cosa», sembrava imbarazzata, ma gli occhi le brillavano di gioia, «Sei la mia migliore amica e voglio che tu lo sappia per prima: lascio il lavoro all’Istituto».
«Come? Ma perché? Lara era veramente stupita: erano amiche sin dall’infanzia e insieme avevano scelto quella professione tra le tante possibili, sentendosi entusiaste e motivate a ricercare nel settore del Flussi di pensiero. Ed ora, cosa succedeva a Noà?
«Sai che il lavoro all’Istituto mi piace, ma ora, io e Mac abbiamo preso una decisione importante per una vita insieme: vogliamo fare i plurigenitori. – E mentre affermava ciò, un sorriso a trentadue denti illuminava il suo giovane viso».
Lara strabuzzò gli occhi:
«I plurigenitori? Ma… ma…», farfugliò. Era così sorpresa che non sapeva cosa dirle. Certo, ognuno era libero di decidere il proprio tipo di vita… ma fare i plurigenitori era una scelta equiparabile ad una grande e impegnativa missione. Solo una piccola parte della popolazione desiderava svolgere quel ruolo, perché implicava il dedicare completamente la propria vita a numerosi figli propri o nati da madri surrogate, seguendoli dal concepimento, alla maggiore età, e provvedendo anche alla loro educazione.
Era una vera e propria eroica Missione e quindi i plurigenitori erano esentati da altri lavori e sostenuti in tutte le loro necessità dalla collettività, poiché figli erano considerati un tassello fondamentale per la società e ne assicuravano il futuro. Vivendo in una comunità con i genitori-educatori che si dedicavano a loro a tempo pieno, i piccoli crescevano sani, forti, intrisi di amore, educati alla cultura e ai valori che li avrebbero resi validi cittadini e campioni di una nuova umanità.
La popolazione restante, che non voleva dedicarsi a questo, sceglieva la sterilità, che avrebbe permesso di vivere i rapporti sentimentali con grande libertà, senza i vincoli che la nascita di figli impone. A propria scelta c’erano coppie di lunga durata, oppure amori di un giorno, oppure amori omosessuali, vissuti serenamente, senza alcun peso del giudizio altrui.
Lara fece i suoi auguri a Noà e l’abbracciò. Le sarebbe mancata la sua presenza in Istituto, ma certo sarebbero rimaste amiche e avrebbe seguito le vicende della sua nuova vita con Mac.
Lei, invece, non aveva proprio intenzione di fare il plurigenitore e di dedicare la sua vita a questo, e in quanto ai suoi rapporti sentimentali, da poco tempo aveva scoperto di avere una particolare simpatia per Ron e anche lui sembrava interessarsi a lei. Il giovane, solare e simpatico, lavorava all’ICC (l’Istituto Controllo del Clima) e, per la passione con cui le parlava del suo lavoro, sarebbe di certo diventato un ricercatore affermato.
Mentre Lara stava pensando a lui, il giovane arrivò e si inserì nel gruppo di giovani. Quando le rivolse uno sguardo ammaliante e un cenno del capo, Lara arrossì e questo le creò imbarazzo. Le venne la voglia di scappare via, e inoltre si ricordò che aveva un lavoro incredibilmente interessante da completare. Meglio andare via comunque.
«Devo tornare in fretta al laboratorio, ho un lavoro in corso», – disse rivolta a tutti, alzandosi.
«Allora ti accompagno», disse Ron che era un po’ deluso: l’aveva cercata per tutta la mattina nei soliti luoghi che frequentava e proprio quando l’aveva trovata, lei andava via… Forse non gradiva la sua presenza…
Le si affiancò e, mentre camminavano insieme le chiese:
«Hai un lavoro così urgente da interrompere la pausa del pasto? E poi, non è il lunedì il tuo giorno di lavoro? O forse è una scusa perché non hai voglia di vedermi?»
«Ma no… cosa c’entri tu…. anzi mi fa piacere vederti», gli rispose lei, rivolgendogli un sorriso che lo rassicurò, «Oggi ho dovuto fare un’eccezione perché ho trovato uno strano flusso di pensiero che sto decodificando e ho pochissimo tempo per completare la ricerca. Tu piuttosto, come va il tuo lavoro?»
«Mah, bene, credo…», fece un gesto circolare con la mano intorno a sé, «Vedi tu… Ti sembra che sia tutto sotto controllo? Certo, lavoriamo sodo, ma da quando, 200 anni fa, abbiamo preso in mano il cambiamento climatico, rispetto alle prospettive catastrofiche che c’erano, siamo riusciti ad ottenere dei buoni risultati…»
«Sì certo, se penso a come poteva andare a finire….Abbiamo una temperatura costante di 20 gradi, nessuna tempesta che ci affligge, né bombe d’acqua, o tornadi, o cicloni. Neppure un’inondazione… Siete stati e siete molto bravi! E’ tutto molto bello…però…»
«Però?», la incalzò lui, fermandosi e guardandola negli occhi: gli piacevano così tanto i suoi occhi verdi!
Chissà se a lui posso dire cosa penso nel mio profondo, si chiese Lara. Ma la sua bocca fu più veloce della sua mente:
«Però, a volte desidererei un po’ di vento che mi scompigliasse i capelli o sentire il gorgheggiare di un ruscello, suono che non conosco, ma che ho rintracciato in alcuni flussi che ho decodificato…Ho visto anche che una volta c’erano tante varietà di piante e tanti fiori… e poi c’erano gli insetti e tanti animali piccoli e grandi di tante specie diverse…»
«Ne ho sentito parlare, ma in passato i nostri predecessori hanno fatto così tanti disastri che, poi abbiamo solo potuto salvare il salvabile. Purtroppo tra le varie catastrofi ambientali, il ciclo dell’acqua, come sai, è stato quello più compromesso, e per questo sono venuti a mancare le piogge e la neve, e laghi e fiumi sono scomparsi, poi c’è stata l’epoca della Grande Siccità e delle Guerre per l’acqua… e poi siamo riusciti con grande a filtrare l’acqua del mare – e meno male che c’è stata e c’è questa immensa risorsa – per i nostri usi e per irrorare l’erba, unico elemento della Natura e miracolosamente sopravvissuta e che faticosamente manteniamo in vita…»
«So che all’Istituto lavorate tanto, e vi apprezzo molto. Anzi vi sono molto grata per il vostro impegno. A volte, però, mi chiedo come poteva essere la vita mille anni fa, quando la Natura era quasi intatta. Chissà come si viveva quando c’erano gli alberi, i fiori, le api…gli animali…. Chissà se gli uomini di allora si rendevano conto della preziosità di cui erano circondati…»
«Credo proprio di no. Altrimenti avrebbero fatto di tutto per preservare elementi, animali ed ecosistemi», – disse Ron, scuotendo la testa, osservando come lo sguardo di Lara sembrasse lontano, come perso nel tempo, mentre gli diceva:
«A volte sento un grande vuoto dentro… mi sembra che mi manchi una grande fetta del mio essere!», e poi, ritornando al presente, aggiunse: «Ma, forse ti sto annoiando con questi miei pensieri».
«No, no, anzi. Mi fa piacere che tu ti apra con me, mi fa sentire importante… e poi anche io ho pensieri simili ai tuoi, e questo mi stimola ancora di più a diventare un bravo ricercatore per trovare soluzioni migliori per il futuro».
«Sono arrivata, grazie della compagnia e dell’ascolto».
«Possiamo vederci domani? Mi piacerebbe continuare questi discorsi», – le chiese Ron, sperando in un sì.
«Bene, a domani, allora!», gli rispose lei sorridendo.
Lara non stava nella sua pelle dall’emozione. Anche se non aveva le turboline ai piedi le sembrava di essere a un metro dal suolo. Finora non aveva avuto chiaro se Ron fosse interessato a lei oppure no. Ma adesso le sembrava proprio che fosse così e lei aveva tante emozioni che le frullavano nello stomaco… Però, doveva tornare al lavoro. A fatica si ricompose e vestì il camice del ricercatore.
Dunque, dov’era rimasta? Ecco: aveva decodificato completamente il flusso. Ma no, c’era ancora un pezzetto… Durante la sua assenza l’elaboratore doveva aver proseguito la decodifica… Infatti sullo schermo c’era ancora qualcosa. Si sedette alla consolle.
Dunque, vediamo. Ci sono ancora altri strani simboli. Decifrare i grugniti di pensiero – si poteva dire così dei processi mentali un ominide? – era veramente un’impresa impossibile… “vado, acqua, grande gelo, dolore tutto, morsa, acqua dentro, non aria…”
Sembrava che l’uomo alla fine avesse deciso di buttarsi in acqua.
” soffoco, soffoco, no! non voglio, morte, muoio”, Lara era profondamente angosciata. L’ominide era morto annegato e assiderato, era evidente. Ma quello che la colpiva di più era il finale del flusso, in cui lui lanciava pensieri di odio e rabbia nei confronti dell’acqua, ritenendola sua nemica e causa della sua morte. Aveva lanciato una vera e propria maledizione e con una forza emotiva incredibile! Addirittura l’ultima parte del flusso era arrossata e piena di segni che somigliavano a frecce e saette. Lara era annichilita, dopo i recenti discorsi con Ron, trovare una persona, seppure un primitivo e ignorante ominide, che lanciava una vera e propria maledizione verso l’Acqua, elemento così fondamentale e vitale per tutte le creature del pianeta, la sconvolgeva profondamente. Avrebbe voluto distruggere e seppellire quell’antichissimo documento, così deleterio e sconvolgente da non poter essere letto o visto da altri, per timore di rievocare quel rozzo, ma forse potente sortilegio. E se quella fosse stata una vera e propria maledizione? Non le aveva insegnato nel suo processo educativo che “il pensiero crea” ? E se quei pensieri maledetti avessero prodotto un effetto negativo sull’Acqua, una sorta di inquinamento o alterazione della sua magica vitalità? Quando questa conseguenza si sarebbe potuta manifestare? Centomila, tremila o duecento anni fa? Si può conoscere o prevedere quando l’effetto di un’azione si può manifestare rispetto al tempo in cui la causa è stata prodotta? Dopo diversi minuti di vuoto mentale dovuto allo choc emozionale, uno sfrigolio di Boyb la scosse. Forse stava esagerando, dando spazio a immaginazione ed emotività, che insieme sono deleterie…
Basta: doveva pensare in modo razionale e scientifico come le era stato inculcato nell’addestramento. Quindi ripassò: 1) respirare profondamente, 2) allontanare le emozioni, 3) ricavare i dati oggettivi della situazione 4) elaborare soluzioni razionali.
Dopo qualche minuto di rilassamento analizzò i dati oggettivi: lei era un tecnico dell’Istituto di Recupero e Rielaborazione dei Flussi di Pensiero. Il suo compito era quello di recuperare i flussi con l’aiuto di Boyb, farne una copia, decodificarli con l’elaboratore, riscaldarli, se ritenuti di alto valore etico, seguendo le direttive del Comitato dei Saggi, rimettere al suo posto il flusso originale e portare il gomitolo copiato ed eventualmente riscaldato nel caveau. Questi erano i suoi compiti e a queste azioni doveva attenersi.
Già lavorando in laboratorio, in un giorno diverso da quello stabilito, aveva trasgredito alle regole stabilite… Quindi, ora, anche se quel flusso era anomalo e le produceva scrupoli di coscienza e disagi emozionali, doveva svolgere per bene i suoi compiti.
Ma se….
La parte emotiva di Lara prese il sopravvento. Aveva l’impellente desiderio di distruggere quel flusso. Chi se ne sarebbe accorto? Poteva rimetterlo al suo posto così com’era? Neppure: l’avrebbe ripugnata profondamente e le sarebbe sembrato di vilipendere l’Acqua lei stessa.
No, non l’avrebbe fatto.
Però non poteva neppure lasciare nella Cupola di Pensiero il vuoto dove prima aveva trovato quel flusso temporale, poiché non si conoscevano neanche di questo le conseguenze e sarebbe stato comunque un enorme sacrilegio. In seconda ipotesi avrebbe potuto trasformarne il contenuto… ma questo non le era certo consentito! Era un azione che spettava al Comitato dei Saggi, che comunque si limitavano a piccole e delicate elaborazioni, che andavano verso lo sviluppo etico, ma non osavano certo cambiarne i significati o stravolgerne i contenuti. Il tempo aveva leggi e sequenzialità ancora sconosciute e imprevedibili…
Eppure… eppure doveva fare qualcosa… in quel momento si sentiva come Alessandro Magno davanti al famoso nodo di Gordo…. cosa aveva fatto il grande macedone?
Fu un attimo. La decisione non passò da nessun processo razionale. Le sue mani iniziarono da sole a muoversi velocemente su pulsanti e tastiere.
La parte finale del flusso fu definitivamente cancellata e sostituita da un nuovo messaggio: “acqua salva da fuoco. .. acqua dolce…salva da dolore… acqua buona per uomo, per tanti uomo, amore acqua… acqua divina… Acqua vita.”
Il nuovo finale del pensiero si era impresso sia nell’originale che nella copia. Doveva far presto. Si stava facendo buio e avrebbe avuto maggiori difficoltà a mettere al suo posto il flusso. Avvolse i due gomitoli: portò la copia al caveau e uscì dal laboratorio col gomitolo originale, seguita da Boyb.
Il pet la guidò fino al boschetto e l’aiutò a inserire il bandolo nel punto preciso in cui era stato prelevato. Senza quell’essere meccanico non sarebbe riuscita a fare un lavoro così preciso… E, per fortuna lui, pur essendone stato testimone, non poteva capire o raccontare ciò che lei aveva fatto di illecito.
Poi Lara andò a casa, si buttò sul letto, sperando di sprofondare in un sonno che avrebbe dato pace alle tumultuose emozioni di quel giorno. Invece passò una notte agitata e, appena fu in piedi, il suo tormento mentale continuò.
Cosa aveva fatto? Come le era venuto in mente di trasgredire così gravemente le regole del suo lavoro e della società in cui viveva?
Se qualcuno l’avesse scoperta…o si fosse accorto del danno che aveva combinato! Ma chi poteva averla vista? Nessuno. Solo se si fosse verificato un grosso problema tipo: un cataclisma mondiale, l’apparizione di enormi dinosauri o il risveglio delle mummie degli antichi faraoni, si poteva supporre qualche errore tecnico avvenuto nella gestione dei flussi. Ma in quel caso sarebbero stati tutti più che occupati a gestire gli strani fenomeni e quindi non sarebbero comunque arrivati a lei… E comunque era tutta colpa della sua presunzione! Si era data della scema un milione di volte mentre si girava. e rigirava nel letto. E, se invece la sua azione avesse portato uno squilibrio lento, ma comunque significativo e irreversibile della realtà? Se l’esistenza di alcune persone fosse stata cancellata con un puff! … se lei stessa fosse svanita all’improvviso?
Non me ne accorgerei neanche e quindi non avrei tempo per angosciarmi. Pensò e in questo caso, perché avrebbe dovuto preoccuparsi ora di quanto aveva fatto? Il Tempo era assolutamente imprevedibile…. sospirò, si diede una scrollatina di spalle, tanto ormai il guaio era fatto, e, sentendo il bisogno di un conforto amico, andò a cercare Ron.
Il giovane era seduto su una panca ed aveva un’espressione assorta.
«Cosa ti preoccupa, », gli chiese Lara con aria canzonatoria, pensando che qualunque cosa lo preoccupasse, non poteva essere certo più grave della sua colpa.
«Nulla, nulla. Speravo di vederti, anzi ti aspettavo. Hai finito quel tuo lavoro misterioso?»
«Quale? Non c’era nessun lavoro misterioso. Avevo solo del lavoro arretrato», mentì Lara, ritenendo che fosse inutile preoccupare anche lui. Tanto, a cosa sarebbe servito coinvolgerlo?
«Non mi convinci. Comunque, se non vuoi dirmelo… va bene lo stesso. Facciamo una passeggiata e andiamo ad ascoltare da vicino quel violinista che sta suonando laggiù?», le propose Ron.
«Volentieri, la musica mi piace molto!». E potrebbe distrarmi un po’, forse, pensò.
Mentre camminavano a passo spedito, Ron la prese sottobraccio e questo gesto a Lara piacque molto. Ascoltarono i prodigi del musicista in un rigoroso silenzio, compiaciuti della bravura dell’artista, e poi lui la prese per mano e si diresse verso un piccolo gazebo i cui tendaggi erano aperti: segnale che indicava che era vuoto. Appena entrarono, Ron chiuse le cortine.
Cosa vuol fare?, pensò Lara col cuore in tumulto.
Ron l’avvicino a sé e la guardò profondamente. I suoi occhi esprimevano ammirazione e amore, e la ragazza, anche se un po’ imbarazzata, ricambiò il suo sguardo. Si baciarono e coccolarono scambiandosi emozioni intense e appassionate. In quei momenti la ragazza era finalmente riuscita ad abbandonarsi e a trovare un po’ di tregua dal suo malessere.
Poi si stesero ad osservare il cielo dal soffitto traforato.
«Sai, ho pensato molto a quello che mi hai detto ieri… anche io da un po’ di tempo sento un vuoto profondo, una mancanza dentro… ma finora non mi era stata chiara la causa. Ora capisco a cosa è dovuto… l’elemento Acqua, stravolto dai cambiamenti climatici, e di conseguenza l’assenza di alberi, piante, fiori, insetti e animali…. mi manca tutto ciò. Ma finora non me ne ero reso conto… Apprezzo molto che me ne hai parlato, anche perché…Ma cos’è questo vocio, queste grida e questo rumore?», disse il giovane alzandosi di scatto.
Lara, allarmata, aveva già aperto le tende per guardare fuori.
«Guarda li, c’è uno strano assembramento di persone. Cosa sarà successo?»
«Vedo», disse Lara asciutta, mentre, una strana inquietudine la stava prendendo con una morsa allo stomaco. Cosa stava accadendo? Poteva essersi già manifestato qualche effetto catastrofico come conseguenza della sua pazza idea del giorno prima?
«Andiamo a vedere», le propose Ron, prendendola per mano.
I due giovani uscirono dal gazebo e si diressero verso la folla.
Lara camminava con difficoltà per via delle ginocchia che le tremavano per l’angoscia, e poi, si sentiva frastornata dallo sviluppo rapido della sua relazione con Ron.
La gente si era radunata sulla pianura e stranamente tutti fissavano il cielo, scambiandosi opinioni e manifestando il proprio stupore nel vedere nella volta azzurra, di solito limpida e tersa, strani sbuffi vaporosi e bianchi che sembravano arrivare da nord.
«Sarà fumo», diceva uno.
«Non mi sembra. Forse sono nuovi mezzi volanti di nuova generazione, vedi come si muovono veloci?», interloquiva un altro.
«E se fosse un problema alle fabbriche sotterranee?», chiedeva spaventato un altro.
«Ma cosa dici, non vedi che viene tutto dall’alto?»
«So che è impossibile, ma queste cose somigliano alle nuvole», disse Ron con voce tremula ed emozionata, «Le ho viste in alcuni vecchi video, e somigliavano proprio a queste cose bianche». –
«Ma come sarebbe possibile, se non c’è più il ciclo dell’acqua, le stagioni e l’evaporazione….?», disse un uomo.
«So che tu sei un esperto del clima, Ron, ma permettimi di dubitarne. Non ci sono più nuvole da secoli e siete proprio voi, i climatecnici, che ci avete detto che non c’è più niente da fare, che non si può tornare indietro… Se riusciamo a mantenere il clima in un equilibrio stabile è grazie al vostro grande impegno, altrimenti…», affermò un altro
Intanto nel cielo quelle strane cose bianche di ingrigivano e si ammassavano tra loro oscurando sempre più la luce solare.
La gente continuava ad affluire sulla pianura, uscendo dalle case e dagli uffici allarmata per quell’evento insolito. Tutti avevano il naso per aria e poco dopo anche le forze dell’ordine e membri delle istituzioni confluirono sulla piana.
A mano a mano che il tempo passava il cielo diventava da grigio chiaro a grigio scuro quasi violaceo, e il turbamento generale seguiva questa escalation.
Quando cominciarono a cadere le prime gocce si levarono urla e vocii di sorpresa.
E, poi, arrivò una pioggia intensa, accompagnata da tuoni e fulmini.
E, mentre il terreno si inzuppava e allagava, e si formavano ruscelletti, la gente raccolta nella pianura, reagiva all’evento con i comportamenti più strani: alcuni, restavano immobili e stupiti e si lasciavano bagnare e, con le mani protese a coppa vi raccoglievano l’acqua, oppure con la testa in su e la bocca aperta, bevevano avidamente quella preziosità, altri gioivano e danzavano felici, altri ancora sguazzavano felici nelle pozzanghere.
Ron guardava il fenomeno e poi guardava Lara con la sensazione che ci fosse un legame tra quell’evento, il suo lavoro al C.R.R.P. e i discorsi sull’acqua su cui si erano confrontati già dal giorno prima.
La ragazza, tecnico trasgressore dei flussi di pensiero, era caduta in ginocchio sull’erba zuppa e mentre una fresca brezza le scompigliava i capelli, mischiava alla pioggia le lacrime che le rigavano il viso.