SCRITTURA CREATIVA NEGLI USA: TESTIMONIANZE DI CARVER di Grazia Valente
Nel 1971 Raymond Carver (1938-1988) diventa lettore di Creative writing presso la University of California a Santa Cruz; successivamente tiene alcune conferenze in diverse prestigiose università americane. Nel volume Voi non sapete che cos’è l’amore (Saggi – racconti – poesie) ci racconta invece la sua esperienza di allievo del famoso John Gardner (1933-1982), scrittore e insegnante di scrittura creativa.
Proponiamo alcuni passaggi del libro. Siamo nel 1958 e Gardner aveva l’abitudine di richiedere agli allievi un racconto tra le dieci e le quindici pagine. Invece gli aspiranti scrittori che volevano scrivere un romanzo (e Carver ricorda che ci fossero non più di due o tre anime con questa ambizione – doveva sottoporgli un capitolo di circa venti pagine , più uno schema del resto della trama.
Nel libro di Carver si racconta: «Il bello era che sia il racconto sia il capitolo del romanzo potevano essere riscritti anche dieci volte nel corso del semestre prima che Gardner ne fosse soddisfatto. Uno dei suoi principi fondamentali era che uno scrittore scopre quello che vuole dire mediante un continuo processo di visione di quello che aveva già scritto. E questa visione, questo processo di messa a fuoco della visione, si otteneva mediante la revisione. Gardner credeva profondamente nell’efficacia della revisione, nella revisione senza fine».
A Carver piace il modo con cui Gardner commenta i racconti degli allievi, e porta l’esempio di un racconto dove il protagonista è storpio, ma questo particolare viene rivelato solo alla fine. Gardner ne rimane contrariato e dichiara di non condividere questa strategia narrativa, che considera un inganno nei confronti del lettore, in quanto gli sottrae informazioni importanti e necessarie con lo scopo di prenderlo di sorpresa.
Gardner incontrava a volte gli studenti individualmente, Prima degli incontri aveva già segnato il manoscritto dello studente «cancellando con un tratto i periodi, le frasi, le singole parole e perfino i segni di punteggiatura che riteneva inaccettabili e mi diede subito da capire che su quelle cancellature non si poteva discutere. In altri casi, metteva periodi, frasi e singole parole tra parentesi e queste erano cose su cui si poteva discutere».
Ma Gardner non si limitava a correggere l’aspetto formale del lavoro che gli veniva sottoposto. Insieme allo studente discuteva dei temi più generali del racconto, di ciò che nella narrazione si cercava di mettere a fuoco. Ma c’era anche un aspetto al quale Gardner teneva molto: l’onestà della scrittura. «Se le parole e i sentimenti del racconto erano disonesti, se l’autore barava e scriveva cose che non gli stavano a cuore o di cui non era convinto, allora non poteva aspettarsi che nessun altro mostrasse interesse per il racconto. Uno scrittore deve avere i suoi valori e conoscere il proprio mestiere. Questo è ciò in cui Gardner credeva e che insegnava».
Carver applicò la tecnica della revisione infinita anche alle proprie opere e pretese la stessa cosa dai suoi allievi, quando divenne docente, come testimonia lo scrittore J. McInerney: «I manoscritti venivano restituiti completamente traforati da cancellature, sostituzioni, punti interrogativi e domande scritte con la sua calligrafia a zampa di gallina. Una volta ho portato un racconto sette volte” (citazione tratta da: Carver. Un’acuta sensazione di attesa di Antonio Spadaio).